Biologico è bello, sempre di più. Stando infatti ai numeri resi noti questa settimana, il mercato italiano dei prodotti "verdi" nel 2011 ha ancora una volta fatto passi da gigante, facendo sorridere gli operatori. Certo, non si tratta delle prestazioni da record fatte registrare nel 2010, ma le rilevazioni Ismea-Gfk-Eurisko parlano chiaro: per il biologico si parla di quasi il 9% in più in termini di spesa e tassi a due cifre ad indicare la crescita in termini quantitativi.Gli analisti non hanno dubbi sull'andamento del settore, «in evidente controtendenza» rispetto alla riduzione complessiva dei consumi di generi alimentari «convenzionali». Ed è una fotografia ottimistica, quindi, quella scattata dall'Ismea, visto che il giro d'affari legato al mercato bio in Italia viene stimato attorno a un miliardo e 550 milioni di euro; una cifra che assegna al nostro Paese il quinto posto dopo Usa, Germania, Francia, Regno Unito e Canada. A livello mondiale, stando alle ultime valutazioni, il fatturato del biologico è stimato complessivamente sui 44,5 miliardi di euro. Nel nostro Paese, le produzioni di questo tipo interessano circa 1,11 milioni di ettari: una superficie che ci colloca al settimo posto, con il 3% circa del totale complessivo mondiale (valutato in 37 milioni di ettari circa).Certo, a ben guardare il mercato si scorgono comportamenti diversi. Stando agli scambi relativi ai prodotti bio confezionati venduti dalla Grande distribuzione organizzata, incrementi si rilevano in particolare per i lattiero-caseari (+16,2%), uova (+21,4%) e per altre referenze come biscotti, dolciumi e snack (+16,1%) e bevande analcoliche (+16%). Hanno fatto registrare comportamenti meno entusiasmanti altri prodotti come quelli dell'ortofrutta fresca e trasformata (+3,4%), che, secondo Ismea, «resta comunque la categoria guida tra i prodotti biologici, raggiungendo un'incidenza sul totale pari a quasi un terzo in termini di valore». E c'è anche chi - come la pasta, il riso e i sostituti del pane - ha perso quote di mercato complessivamente (-3,2%) e individualmente (la sola pasta il -11%). È interessante anche la ripartizione territoriale della produzione di alimenti biologici. Da questo punto di vista, tutte le aree sono state interessate da una crescita degli acquisti nel corso del 2011, più accentuata al Sud (+19,2%). Le regioni settentrionali mantengono però un peso preponderante, con oltre il 70% di incidenza sul totale, confermando una forte propensione al consumo rispetto a una vocazione produttiva tipica invece delle regioni del Centro-Sud.Fin qui, quindi, il bilancio di uno dei settori più importanti dell'agroalimentare nostrano può dirsi positivo. Il problema vero, come sempre, è però la tenuta del mercato di questi alimenti al quale si aggiunge una concorrenza sempre più agguerrita che deve essere fronteggiata con aggregazioni commerciali che riescano a conservare tutta l'originalità produttiva e le peculiarità proprie della nostra agricoltura.
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