Non è che abbiamo commesso un gravissimo errore, facendo dell'uomo unicamente un creatore di profitto"? Forse che l'uomo non è contemporaneamente anche quell'essere capace di lasciare magari tre finanziarie personali per un sorriso dolce o una carezza amabile?
E' un po' paradossale, ma ha una profonda anima di verità questa dichiarazione, rilasciata qualche anno fa durante un'intervista, dallo scrittore Vaclav Havel, nato a Praga nel 1936, divenuto protagonista del dissenso durante il regime comunista e dal 1989 fino allo scorso anno presidente della repubblica ceca. La riduzione dell'uomo a puro fenomeno economico è stata non di rado alla base di varie ideologie, anche antitetiche tra di loro; è ancora il retroterra del pensiero pubblicitario; è al centro di certi progetti sociali. In questa luce tutta la storia è letta solo come un giuoco di interessi, le scelte personali sono modulate solo sul profitto, valori che permangono sono solo quelli monetizzabili. Mi si diceva che su una delle antiche case pompeiane inghiottite dalla lava si leggeva questa scritta: "Il guadagno è la felicità".
In realtà le cose, per fortuna, non vanno solo così. L'accumulo non è sorgente di felicità incontaminata. L'uomo non si rassegna ad essere un numero o uno stomaco. Come diceva Havel, all'improvviso esplode in lui l'amore, e allora ricchezza, proprietà, successo perdono sapore e fascino ed egli è pronto persino a rinunciare e a perdere pur di gioire di quel sorriso e di quella carezza. Allora egli intuisce la verità della legge formulata da Cristo: bisogna perdere (anche la vita) per trovare. Oppure scopre - sempre nella linea delle parole di Gesù - che «c'è più gioia nel dare che nel ricevere». Solo così ritorna ad essere una vera persona, una creatura di Dio che sceglie la bellezza, la verità, l'amore.
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