L'agricolturaconta moltissimo per il buon andamento della nostra economia, ma il valore della terra continua a scendere. A far notare l'andamento negativo del "fattore di produzione" per eccellenza delle imprese agricole italiane, è stato l'Inea (Istituto nazionale di economia agraria) che ha reso noti i valori del mercato fondiario nazionale nello scorso anno e i confronti con quelli precedenti. Numeri che parlano chiaro: i valori reali della terra sono in diminuzione di fatto dal 2000. Certo, si tratta spesso di scarti percentuali minimi, ma la tendenza appare consolidata. «Nel 2013 – spiega per esempio una nota dell'istituto – il prezzo dei terreni agricoli in Italia mediamente è arretrato dello 0,4% rispetto all'anno precedente». Per il secondo anno consecutivo, il segno negativo caratterizza 11 regioni su 20; mentre nel Nord Est si è registrato il calo più vistoso (-1%), sebbene la situazione si confermi particolarmente debole anche nelle regioni meridionali. Una situazione che, a ben vedere, è molto simile a quella del mercato immobiliare urbano e che si traduce in altri dati. Il numero di compravendite di terreni agricoli in circa dieci anni si è quasi dimezzato e i prezzi reali sono scesi dell'1,6%. L'erosione del patrimonio fondiario ha portato il valore della terra in termini reali nel 2013 al 92% rispetto a quello registrato nel 2000. Oggi un ettaro di buon suolo agricolo si acquista mediamente con 20mila euro. Certo, ci sono i casi eccezionali verso l'alto (i vigneti sono ancora valutati in alcune zone 100-200.000 euro) ma l'indicazione rimane comunque chiara. I motivi? Diversi e complessi. A comprimere il mercato ci si è messa ovviamente la crisi economica ma anche l'offerta che stenta, dice sempre l'Inea, «ad adeguarsi alle nuove quotazioni e rimane in attesa di un miglioramento della congiuntura». E pesano molto sul mercato anche le difficoltà di accesso al credito così come le aspettative economicheche frenano, dice sempre l'Inea, i potenziali acquirenti, rappresentati sempre più da imprenditori agricoli medio-grandi interessati a consolidare le dimensioni strutturali delle proprie imprese. Ci sono poi i casi di operatori provenienti dai settori extragricoli che per difficoltà gestionali o per necessità di capitali per le loro attività, dismettono gli investimenti fondiari. Stando all'Inea, infine, la nuova politica agricola comune non ha aiutato le vendite fondiarie. La crescita del valore dei terreni e il loro ritorno al ruolo di preziosi fattori di produzione, fa quindi certamente parte delle sfide poste di fronte all'intero settore agricolo e agroalimentare nazionale.
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