Milioni, miliardi di euro. Tanti miliardi di euro, troppi. È il saldo (negativo) del bilancio dei danni e delle spese che occorrerebbe sostenere per rimettere in sesto l'Italia dal punto di vista idrogeologico. Si tratta davvero di un'impresa colossale e necessaria, che coinvolge l'agricoltura e l'ambiente per molteplici aspetti, che di fatto dovrebbe essere fra i primi temi da affrontare e che, immancabilmente, rimane invece quasi sempre (volontariamente o no), in fondo alla lista.Gli eventi degli ultimi giorni hanno riproposto il tema, aggravandolo e riproponendo statistiche e denunce che hanno sempre di più l'aria delle parole gettate al vento. Tanto che l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni (Anbi), è arrivata a paragonare l'Italia al Titanic: «Facciamo finta di non accorgercene, nonostante gli eventi ce lo ricordino costantemente». Stando alla Anbi, «poco o nulla di sostanziale è cambiato ed il territorio, stante un'urbanizzazione non di rado incontrollata, è sempre più a rischio». Eppure stime, calcoli, previsioni, piani e progetti sono stati fatti al ritmo di almeno uno all'anno. Con tanto di conseguenti impegni e promesse da parte delle Istituzioni. Per capire - ancora una volta - bastano pochissimi numeri. Tra il 1944 e il 2011, il danno economico prodotto in Italia dalle calamità idrogeologiche è mediamente stato pari a circa 850 milioni di euro all'anno. La somma è una cifra enorme, quasi inconcepibile. Eppure – ha sottolineato sempre l'Anbi – «mentre la politica discute di se stessa, il nostro piano per la riduzione del rischio idrogeologico» è rimasto sulla carta. Si trattava di 3.342 interventi perlopiù immediatamente realizzabili e finanziabili con mutui quindicennali. Intanto le condizioni del territorio e delle sue comunità peggiorano e necessitano di interventi sempre maggiori. Così come peggiora la qualità dell'uso dell'acqua mentre si aggravano le difficoltà delle campagne. Un aspetto, quest'ultimo, che dovrebbe far ulteriormente pensare visto che proprio il comparto agroalimentare è uno dei pochi che continua a conseguire risultati importanti sui mercati esteri seppur confrontandosi con una forte concorrenza (spesso sleale), e con costi di produzione non certo sempre favorevoli. Il risultato è la crescita, ogni anno, della quantità delle cose da fare. Nel 2012 l'Anbi indicava 2.943 interventi per un importo di 6.812 milioni di euro; quest'anno il numero degli interventi proposti è cresciuto del 13,9%, per un importo complessivo di circa 7.409 milioni di euro, vale a dire un incremento pari ad 8,7%. Rispetto solamente al 2010, gli interventi necessari sono cresciuti del 144,9% e la spesa del 77,1%.Cosa accadrà adesso? Quanto è già successo ed il persistere di temperature superiori alla media stagionale sono - per i tecnici - indicatori preoccupanti all'inizio di novembre, statisticamente il mese più pericoloso per la sicurezza idrogeologica. Come sul Titanic, tuttavia, l'orchestrina suona mentre la nave affonda.
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