Dopo molti anni ho rivisto in tv Quei bravi ragazzi (Goodfellas, 1990) di Martin Scorsese. Un film che piacque molto agli intenditori e cultori di cinema. Un film tecnicamente abile e raffinato: regia fluida e impeccabile, attori che non fanno un errore, sempre magistralmente calati nel loro personaggio. Un film senza veri protagonisti, senza personaggi positivi, senza eroi. Consulto il Dizionario dei film di Mereghetti, che così riassume: «Trent'anni di omicidi, contrabbando, spaccio di droga, rapine, carcere, ma anche di pranzi, feste, mogli, figli, amanti (") il film racconta la mafia dei nostri giorni vista dal basso e nel quotidiano, con gli occhi dei "manovali" che non diventeranno mai Padrini». Ne parlo perché è uno degli esempi migliori di come la messa in scena di mafia, gangsterismo e violenza possa mettere la qualità estetica al servizio del crimine, trasformando la denuncia in apologia. Quei "bravi ragazzi" mafiosi sono anche simpatici, scherzano, giocano a carte, cucinano, si innamorano, sono comprensivi con le loro donne e i loro amici e poi, con la stessa naturalezza, ammazzano chiunque e si eliminano fra loro senza esitazione, con evidente, esibito gusto sadico.
Scorsese (come Coppola e altri) si dimostra qui artista al servizio della mafia. Sembra denunciarla e metterne a nudo la crudeltà. Ma è una truffa. A differenza di Stanley Kubrick, che non dimentica neppure per un momento che cos'è il male e come la normalità scivoli nel demoniaco, Scorsese rende normale l'efferatezza mafiosa. Ci rende familiari i mostri. Il delitto diventa cameratesco. In Goodfellas l'ambiguità è massima. Quando i Padrini fanno sapere al pazzo criminale Joe Pesci che lo accoglieranno tra loro e lui si veste a festa e loro gli sparano in faccia appena arriva, lo spettatore oscilla fra due sentimenti entrambi assurdi: compiangere il criminale ingannato o approvare i Padrini che lo eliminano perché si divertono a uccidere. Il film è perciò un imbroglio estetico e morale. La mafia non va rappresentata, credo, va solo combattuta.
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