La Verità sta sempre sul patibolo, il Torto sempre sul trono./ Ma quel patibolo governa il futuro, e dietro l'ignoto tenebroso,/ nell'ombra, Dio sta di guardia a proteggere i suoi.
Leggendo il volume Gesù di Jack Miles (Garzanti) m'imbatto in questa citazione di uno scrittore statunitense ottocentesco che si batté contro la schiavitù, James Russell Lowell (1819-1891). I suoi versi, appartenenti alla poesia La crisi presente, ci permettono di illustrare quello che san Paolo chiamava «lo scandalo della croce». Quando visitai il Giappone, fermandomi per più settimane, un professore di Tokio mi fece notare che per la cultura giapponese è stato arduo superare lo sconcerto provocato dal Crocifisso: per loro, infatti, il giusto deve morire in modo sereno e bello come accadde al Buddha, altrimenti si è di fronte a un criminale. E Cristo sembra un maledetto, come già diceva Paolo.
Eppure questo "scandalo" - come indica Lowell - è sorgente di sorpresa. Noi purtroppo siamo consapevoli che la Verità è sconfitta e finisce sul patibolo: chi non ricorda il dialogo giovanneo tra Gesù e Pilato proprio sulla verità? Sappiamo anche che è il Torto a trionfare e ad assidersi sul trono del potere. Tuttavia, nell'oscurità della storia che umilia la Verità, Dio si erge silenzioso e lentamente svela quale sia la vera meta, quale regalità suprema e quale trono di gloria possa essere quella croce e quale fiducia e speranza abbiano coloro che a quella Verità s'affidano. La croce, allora, da «scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani» diventa «per coloro che sono chiamati, sia Giudei sia Greci, potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Corinzi 1, 23-24). È questo il senso profondo della sconcertante regalità di Cristo, inaugurata sul trono della croce.
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