Papa Francesco visita i luoghi della vita e del ministero di don Tonino Bello e l'informazione religiosa prodotta dai siti specializzati si mostra all'altezza dell'evento: la copertura è completa ed è approfondita. Non accade altrettanto sui maggiori quotidiani: né le edizioni nazionali cartacee di ieri, né quelle online dell'altroieri hanno destinato al binomio tra il vescovo di Molfetta e il vescovo di Roma uno spazio paragonabile a quello a suo tempo impegnato per altri pellegrinaggi di Francesco dentro la memoria di grandi figure ecclesiali italiane: non penso al recente viaggio a Pietrelcina e San Giovanni Rotondo, perché il paragone con padre Pio sarebbe comunque improprio, ma a quello del 20 giugno 2017 a Bozzolo e a Barbiana, sulle orme di don Mazzolari e di don Milani.
Credo che la spiegazione di questa scelta dell'informazione mainstream sia da ricercare nella maggiore popolarità extraecclesiale di cui, nei rispettivi anni, hanno goduto gli uni in confronto all'altro. Ma era una Chiesa diversa ed era ancor più diversa la società italiana. Comune, invece, la carica profetica: quella che nel linguaggio dei media si traduce nell'applicazione a profili come i loro di un aggettivo – «scomodo» – da calibrare, come scriveva ieri qui su Avvenire Gianni Gennari ( tinyurl.com/yd3o36f3 ). Piuttosto, a proposito di carica profetica, sottolineo il taglio di un commento tutto da leggere alla visita del Papa a Molfetta; uscirà sul prossimo numero del settimanale diocesano “Luce e Vita”, ma l'ho potuto vedere in anticipo grazie all'amicizia con l'autore, Lorenzo Pisani, e alla cortesia del direttore, Gino Sparapano. L'idea di fondo è che «don Tonino precede la Chiesa»: sulle «frontiere dell'incontro con gli uomini d'oggi» e «nel servizio incondizionato». Ci precede in Galilea: a noi intendere – specie a chi, come Lorenzo Pisani, ha avuto il dono di una frequentazione diretta – «quale Galilea raggiungere».
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