«Santità, ma quanno annamo ar mare?». Questa domanda, in perfetto romanesco, fu lanciata tanti anni fa da un giornalista a Giovanni Paolo II, che era appena arrivato in Valle d'Aosta. «Quando questa brava gente si sarà stancata di avermi tra i piedi», fu la pronta risposta di Wojtyla. Era il 1990, all'inizio della quarta edizione di quelle che erano già state soprannominate le “vacanze papali”, e che sarebbero continuate quasi ininterrottamente anche con Benedetto XVI, che alle tradizionali mete di Les Combes, in Val d'Aosta, e di Lorenzago, in Cadore, volle aggiungere anche la sua amata Bressanone. Una tradizione sospesa da Francesco, che ha scelto di non allontanarsi mai dal Vaticano, neanche per andare a Castel Gandolfo, in ossequio a una preferenza del tutto personale. Che non significa che Francesco non ami le vacanze, tanto è vero che le fa, anche se con modalità diverse.
Perché, come spiegato proprio domenica scorsa all'Angelus, tutti hanno bisogno «di un tempo utile per ritemprare le forze del corpo e dello spirito approfondendo il cammino spirituale». E nel giorno in cui la Chiesa ha celebrato la trasfigurazione di Cristo, Papa Bergoglio ha spiegato come la salita dei discepoli sul Tabor «ci induce a riflettere sull'importanza di staccarci dalle cose mondane per compiere un cammino verso l'alto e contemplare Gesù. Si tratta di disporci all'ascolto attento e orante del Cristo Figlio amato del Padre, ricercando momenti di preghiera che permettono l'accoglienza docile e gioiosa della Parola di Dio. Siamo chiamati a riscoprire il silenzio pacificante e rigenerante della meditazione del Vangelo, della Bibbia, che conduce verso una vita ricca di bellezza, di splendore e di gioia».
Da Paolo VI a Giovanni Paolo II, che all'argomento del tempo libero ha dedicato pagine indimenticabili e intensissime, nell'ultimo mezzo secolo i pontefici hanno sviluppato quello che si può definire un vero e proprio «magistero delle vacanze». Non un prontuario o una guida alla scelta di mete intelligenti, quanto piuttosto la sottolineatura di uno stile e di un atteggiamento. Così, come i suoi predecessori Papa Francesco insegna come le vacanze, i periodi di riposo, non debbano essere un tempo di assenza, ma un tempo di rigenerazione, umana e spirituale. Nel 2011 anche Benedetto XVI aveva esortato a usare questo tempo per riprendere in mano la Bibbia, della quale «alcuni libretti che la compongono rimangono quasi sconosciuti la maggior parte delle persone, anche buoni cristiani», esortando «a tenere a portata di mano, durante il periodo estivo nei momenti di pausa la santa Bibbia per gustarla in modo nuovo, leggendo di seguito alcuni suoi libri... Così facendo i momenti di riflessione posso diventare oltre che arricchimento culturale anche nutrimento dello Spirito».
Ma tutto questo, ci ha detto ancora papa Bergoglio domenica scorsa, non ha senso se alla fine non si «scende dal monte». Perché «la riscoperta sempre più viva di Gesù non è fine a se stessa, ma ci induce a scendere dal monte, ricaricati dalla forza dello Spirito divino, per decidere nuovi passi di conversione, per testimoniare costantemente la carità, come legge di vita quotidiana». E così, «trasformati dalla presenza di Cristo e dall'ardore della sua parola, saremo segno concreto dell'amore vivificante di Dio per tutti i nostri fratelli, specialmente per chi soffre, per quanti si trovano nella solitudine e nell'abbandono, per gli ammalati e per la moltitudine di uomini e donne che, in diverse parti del mondo, sono umiliati dalle ingiustizie, la prepotenza e violenza».
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