Usa le note come fossero colori, Jacobus Vaet (ca. 1529-1567); l'impianto orizzontale e le trame verticali delle sue polifonie come fossero le coordinate di un disegno che prende forma e vitalità attingendo a una tavolozza di suoni e timbri che sfumano ora aggiungendo o togliendo una parte vocale, ora raddoppiando una linea melodica, senza mai perdere di vista l'esito complessivo e compiuto del risultato finale.
Non a caso è nato e cresciuto nelle Fiandre, la terra che ha alimentato e forgiato nell'arte della musica e della pittura intere generazioni di maestri. Impiegato prima come tenore presso la corte di Carlo V e poi come Kapellmeister al servizio dell'Arciduca Massimiliano, futuro imperatore, Vaet si distinse soprattutto in qualità di ispirato autore di opere sacre, come testimonia il recente progetto discografico (pubblicato da Hyperion e distribuito da Sound and Music) che affianca la Missa Ego flos campi ad alcuni mottetti di varia destinazione ed eccellente fattura.
Dietro ai leggii troviamo i componenti del gruppo vocale Cinquecento, ensemble specializzato nel repertorio d'epoca rinascimentale formato da sei giovani cantanti che provengono da diversi Paesi del cuore dell'Europa e che, nella veste di formazione "in residence" della chiesa viennese dei Santi Rocco e Sebastiano, accompagnano la principale funzione liturgica domenicale con un adattamento polifonico della Santa Messa ogni settimana differente; un prezioso lavoro "sul campo" che permette al sestetto di scoprire nuovi autori, di ampliare sempre più il proprio repertorio e, in modo particolare, di crescere progressivamente in affiatamento, sicurezza, gusto estetico e consapevolezza artistica.
Doti che emergono con evidenza nel senso di immediatezza e di estrema vicinanza con cui sono in grado di leggere nel profondo queste splendide musiche "a cappella", destinate dunque alle sole voci, senza l'accompagnamento di strumenti; sapendo cogliere la peculiarità di pagine che, pur nella loro complessità tecnica e stilistica, si lasciano apprezzare nella dimensione autentica di un canto che si fa preghiera e che acquista il suo senso ultimo quando se ne riconoscono l'origine creativa e la destinazione finale.
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