Il gioco della vita
venerdì 20 dicembre 2024
Un mezzogiorno di qualche tempo fa, in una trattoria con annessa bocciofila, ho intuito la ragione per cui è stata inventa la terza età. Nemmeno il tempo di finire il caffè e loro erano già in campo: solenni, rituali, invariabilmente anziani. Il primo che gioca ha l’autorità del capo: tra lui e il pallino si capisce che c’è un rapporto quasi carnale. Lo lancia dove sa che è giusto, e da prassi borbotta che poteva fare meglio. Poi afferra la boccia, si posiziona sulla linea di tiro, solleva di un nulla il pantalone pizzicandolo all’altezza del ginocchio sinistro, scannerizza il campo per quanto la presbiopia gli consenta. Infine, con movimento fluido, lancia. E qui si compie la meraviglia di quell’oggetto sferico che tocca terra, ma non si ferma. Rotola veloce e poi sempre più lento fino a baciare il pallino, senza spostarlo di un centimetro, attratto da un magnetismo invisibile, come se quello e solo quello fosse il suo posto. Il primo che gioca non esulta e non commenta mai. Beve un sorso, guarda lontano mentre i suoi avversari studiano la prossima mossa. Sa che qualcuno, probabilmente con una bocciata al volo, presto distruggerà il suo capolavoro. Ma intanto si gode l’attimo. È una sfida di respiri, di artriti a confronto, di maschi antichi. E di infinite attese. Il resto è solo un gioco, quello della vita. © riproduzione riservata
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