«Ho provato a guardare in faccia il 'dolore' dell'umanità, coraggiosamente e onestamente, ho affrontato questo dolore o piuttosto lo ha fatto qualcosa in me stessa, molti interrogativi disperanti hanno trovato risposta, l'assurdità completa ha ceduto il posto a un po' più di ordine e di coerenza: ora posso andare avanti di nuovo… mi sento piuttosto come un piccolo campo di battaglia su cui si combattono i problemi, o almeno alcuni problemi del nostro tempo». Le parole del Diario di Etty Hilllesum, o meglio del contro-dramma che la giovane ebrea scrisse prima di seguire ad Auschwitz le sorti del suo popolo,accompagnano una donna cattolica, Maria Pia Bonanate, in un duro viaggio interiore, raccontato in un libro che nel titolo rivela fermezza, assunzione piena di responsabilità, presenza: Io sono qui. Quando il suo compagno di vita, colpito da una malattia, rimane cosciente ma totalmente immobile, senza la possibilità di comunicare se non con il battito della ciglia, lei impara ad ascoltare e a leggere il silenzio: a scoprire, in quell'assenza di suono, verità nuove o dimenticate. Il filo che la lega a Etty Hillesum, in una misteriosa empatia, le dà la forza di aprire la visione: «il coraggio dell'esistere e dello sperare. Dell'amare». Nel Diario Etty Hillesum aveva detto: «Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite».
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