«L'attesa è finita». I conduttori di SkyTg24, venerdì scorso, lo hanno ripetuto più volte. Da verificare, poi, se quell'attesa è stata realmente soddisfatta dalla terza stagione di Gomorra - La serie. Due gli episodi andati in onda su Sky Atlantic e Sky Cinema Uno. Il primo a fare da tramite con la stagione precedente attraverso una sorta di epilogo. Il secondo (temporalmente un anno dopo) a segnare l'inizio vero e proprio di Gomorra - La serie numero tre. Il tutto preceduto da un riepilogo generale realizzato con un montaggio particolarmente serrato per rinfrescare la memoria a chi le prime due serie le ha viste, ma efficace anche per chi, come si diceva un tempo nelle telecronache, si mette soltanto ora alla visione. Dopo il prologo, si riparte dal boss dei boss Pietro Savastano in una pozza di sangue, ucciso dall'acerrimo rivale Ciro Di Marzio, davanti alla cappella di famiglia in un cimitero del napoletano (cosa che nella realtà ha suscitato anche proteste per l'uso disinvolto di un luogo sacro come set). Nel contempo, a Roma, nasce il figlio di Gennaro Savastano detto Genny. Al nascituro viene dato il nome del nonno paterno: Pietro. Il colpo di scena arriva alla fine dell'episodio: a fare uccidere il vecchio Savastano è stato il figlio Genny d'accordo con Ciro. E lo avrebbe fatto (udite, udite!) perché era l'unica cosa che poteva fare per proteggere la propria famiglia. Dopo di che sarà lui stesso a doversi proteggere dall'altro nonno del figlio, ovvero il suocero, il padre della moglie. Il tema della famiglia entra dunque in qualche modo in Gomorra. Lo fa con la contraddizione di sentimenti che segna una storia dove amore e odio hanno lo stesso valore. Una contraddizione che riguarda anche le numerose forme di religiosità rappresentate nella serie: statue di Cristo per le strade di Scampia, altarini nelle case, malviventi con il Rosario al collo, killer che prima di uccidere una bambina baciano il Crocifisso... Contraddittoria l'esistenza stessa dei protagonisti: personaggi tristi, senza redenzione né speranza, impossibilitati anche a minime forme di felicità, succubi del male in un racconto crudo con sequenze anche truci da cinema splatter. Che il prodotto abbia poi un fascino sinistro e per questo sia intrigante è fuori discussione. Ed è per questo che c'è da stare attenti.
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