In un Paese in cui non si dimette mai nessuno, specie se sei un parlamentare pluripregiudicato, l'esempio arriva dal calcio: il sanguigno mister Silvio Baldini è alla sua seconda dimissione stagionale. Un record, uno dei tanti che ha stabilito in carriera il 64enne allenatore massese. In estate Baldini aveva lasciato il Palermo dopo che era riuscito miracolosamente a riportarlo in B, ma la proprietà inglese per ringraziarlo aveva dato degli «scarsi» a molti giocatori della promozione, e quindi, intuendo di non essere più gradito è tornato nel suo rifugio ai piedi delle Alpi Apuane a respirare l'aria dei boschi». Prima la famiglia, la sua Valentina (la figlia disabile al 100%) e poi il pallone, ha scritto anche nell'autobiografia Il calcio vincente. O vinco o imparo (Mentoring Resources). E anche la squadra per Baldini è sinonimo di famiglia. Perciò alla terza sconfitta di fila alla guida del Perugia (subentrato all'altrettanto sanguigno Fabrizio Castori, richiamato a salvare gli umbri ultimi in classifica) ha mollato il colpo e si è dimesso perché quello spogliatoio «non era una famiglia. E quando non c'è famiglia, non c'è amore e non c'è passione... – continua Baldini – . Quando ti accorgi che l'egoismo dei singoli è superiore alla capacità di sognare non puoi farci niente. Mi dispiace, avevo la fiducia del presidente Santopadre (ha provato a telefonarmi ma ormai avevo deciso), mi affascinava la città, la favola del Perugia di Sollier, Curi, Vannini, come quella del Cagliari, quando le favole erano ancora possibili». Alla Lazio sognano di rivivere un'altra favola come quella dello scudetto del '74 quando in panchina sedeva un “allenatore-papà” come Tommaso Maestrelli. La Lazio del subcomandante di Formello, Maurizio Sarri, è un'altra storia, anche se tra una cicca ciancicata e l'altra oltre a scriverli i suoi “pezzini” da panchina, il tecnico toscano (come Baldini e Maestrelli) ha cominciato a rileggerli attentamente, e anche per questo forse Immobile e compagni sono saliti ai piani alti: -5 dal Napoli capolista, unica squadra che ha sconfitto la Lazio in campionato. Però fin dai tempi in cui guidava il Napoli, Sarri quando non vince è capace di inventare più alibi che schemi per come calciare i corner. Così dopo lo 0-0 con l'Udinese ha tuonato: «Siamo incappati nel peggior avversario possibile: il terreno, quello dell'Olimpico è “ingiocabile”. Io faccio giocare le squadre con 700 passaggi palla a terra a partite, se trovo il terreno in queste condizioni non sono l'allenatore ideale. E se il terreno rimane questo, devono pensare di prendere un altro allenatore». Un chiaro sos al presidente Claudio Lotito che oltre a fare il senatore della Repubblica e il padre patron della Lazio, ora per il suo allenatore dovrebbe anche proclamarsi capo dei giardinieri dell'Olimpico e sistemare il prato. Uno come Sarri, Gianni Brera lo nominerebbe nuovo “principe della zolla”.
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