Il digiuno nonviolento di Agmon per la pace e la salvezza degli ostaggi
venerdì 10 gennaio 2025
Caro Avvenire, sono stata colpita dal reportage di Lucia Capuzzi dedicato all’azione non violenta dell’ex militare 77enne David Agmon, che da 100 giorni digiuna per richiedere il ritorno degli ostaggi israeliani e protestare contro la politica di Netanyahu. Mi hanno impressionato la lucidità delle sue argomentazioni, la sua determinazione e la generosità con cui è subentrato all’83enne Oma Shimoni, iniziatrice del digiuno pubblico. Vorrei sapere che cosa posso/possiamo fare per sostenere l’iniziativa. Laura Lorenza Sciolla Gentile signora Sciolla, la testimonianza di David Agmon è particolarmente significativa. Dobbiamo dare merito a Lucia Capuzzi per tutte le sue preziose e coraggiose corrispondenze dal Medio Oriente in questi mesi, sempre puntuali e tese anche a illuminare i segnali di speranza e di pace nel buio di una tragica guerra. Ma se il lavoro – non facile – dei giornalisti è raccontare e dare elementi di conoscenza circa le vicende belliche, sull’opinione pubblica sensibile al tema grava un compito ancora più arduo: come fare sentire la propria voce nei diversi contesti nei quali si trova? In Israele, non mancano coloro che premono per un contenimento dell’uso della forza a Gaza e, di conseguenza, criticano il governo Netanyahu per le azioni militari sproporzionate condotte da 15 mesi nella Striscia. Il digiuno è una forma estrema di sacrificio personale, capace di esprimere la partecipazione al dolore di chi soffre ingiustamente (ostaggi israeliani e civili palestinesi) e di tenere viva la fiamma della protesta non violenta. Un pungolo nella coscienza di tutti. Così come lo sono le manifestazioni e le proteste che si svolgono periodicamente a Tel Aviv.
Che cosa si può fare al di fuori dello scenario del conflitto? In Italia, abbiamo attraversato fasi diverse – dalle contestazioni nelle università ai cortei nel centro delle città –, per lo più ad opera di minoranze guidate da gruppi politicamente schierati i quali, con gesti di intolleranza, spesso hanno danneggiato la causa della pace invece di favorirla. Oggi il silenzio sembra tristemente sceso, frutto di un accidioso abituarsi alla sequela di notizie tragiche che giungono dal fronte. Eppure, ci sarebbe da mobilitarsi davanti ai 74 bambini uccisi nella Striscia di Gaza durante i primi sette giorni del 2025, secondo i dati dell’Onu. Oltre un milione di minori vivono in tende di fortuna. Dal 26 dicembre, otto neonati e neonate sono morti per ipotermia. L’ospedale Kamal Adwan, unica struttura medica con unità pediatrica ancora operativa nel nord di Gaza, ha cessato di funzionare a causa di un raid avvenuto a fine dicembre. Il bilancio palestinese parla di circa 46mila vittime dal 7 ottobre 2023, cui vanno aggiunti 110 mila feriti e 11mila dispersi, la maggior parte dei quali si troverebbe sotto le macerie, ovvero quello che resta di decine di migliaia di abitazioni, luoghi di culto, edifici pubblici, scuole, università. Il presidente entrante americano ha detto che, se Hamas non avrà liberato gli ostaggi entro il 20 gennaio, si scatenerà l’inferno a Gaza. Al di là delle iperboli, è difficile immaginare condizioni peggiori per la popolazione. Certo, non sono mancate le complicità con i terroristi (che hanno usato pure scudi umani) e i prigionieri israeliani devono essere rilasciati immediatamente. Con tutto questo, seguendo la denuncia ripetuta di Papa Francesco, sarebbe doverosa una maggiore attenzione e un migliore accompagnamento ai tentativi di azioni diplomatiche per una tregua che metta fine alle stragi e dia sollievo umanitario a donne, giovani e anziani. Lodevoli attivisti per la pace, mai stanchi né rassegnati, sono tra noi, e va riconosciuto il loro impegno. Molti di più, tuttavia, dovrebbero unirsi e dare prova di fantasia nell’escogitare modi per smuovere i tanti distratti e i decisori politici. Senza dimenticare la forza della preghiera, servono parole e azioni che ci scuotano da un torpore colpevole di fronte a una situazione tragica che non può lasciare indifferenti. © riproduzione riservata
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