venerdì 28 aprile 2023
Lo vidi una volta sola, tanto tempo fa, a Venice Beach, Los Angeles, lungo la via pedonale che scorre sul fianco dell’Oceano Pacifico, là dove i registi delle serie televisive più famose hanno sempre trovato le location migliori per mettere in scena i fuochi artificiali del sogno americano: fra turisti e curiosi, paccottiglia e chincaglierie, lui, in un angolo dell’area ricreativa, sotto il canestro da basket, continuava a fare esercizi coi pesi. L’ho sempre pensato come un culturista barbone: forse era un reduce di guerra (una delle tante che l’esercito a stelle e strisce combatte in giro per il mondo), o forse soltanto uno scarto della società dei consumi più ricca del pianeta. Ancora giovane, ma quasi consumato da un’esperienza scottante, vestiva di stracci, dormiva dove capitava, si trascinava dietro, al pari di altri vagabondi, il carrellino del supermercato in cui aveva stipato coperte e scatolette di carne. Eppure, con tutte le sue angustie, non rinunciava all’allenamento quotidiano. Dopo aver camminato in mezzo alla folla di bagnanti e giocolieri, si impegnava nelle trazioni, nei piegamenti, quasi dovesse prepararsi a chissà quali sfide. C’era in lui tutta la solitudine e disperazione dell’uomo occidentale moderno, incapace di trovare una ragione per vivere oltre se stesso. © riproduzione riservata
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