“Il collegio” di Rai 2 delude le attese
mercoledì 4 gennaio 2017
C'era una certa attesa per Il collegio di Rai 2 (il lunedì in prima serata). Si annunciava come un esperimento sociale innovativo. Diciotto adolescenti tra i 14 e i 17 anni catapultati in un severissimo convitto stile anni Sessanta, senza smartphone, computer, trucchi e piastre per i capelli. Reclusi per un mese, costretti a rigide regole scolastiche e di comportamento, oltre che di abbigliamento: calzoni corti e cravatta per i maschi, gonne lunghe e trecce per le femmine. Il tutto realizzato con la tradizionale tecnica del docu-reality per cui i protagonisti vengono seguiti giorno e notte da telecamere più o meno nascoste, ogni tanto vengono interpellati direttamente e singolarmente sui problemi della momentanea vita in collegio, mentre apposite schede raccontano di come i ragazzi sono nella realtà a partire dalla vita in famiglia. A questo punto, dopo la prima delle quattro puntate previste, corrispondente alla sintesi della prima settimana, si può dire che la parte interessante dell'esperimento stia essenzialmente nel mettere in mostra le incapacità di questi ragazzi ad adattarsi alle situazioni o anche solo al tipo di mangiare. La maggior parte di loro non è in grado nemmeno di rifarsi il letto. Molto scarsa anche la preparazione a livello scolastico. Però, se questo è l'unico risultato, appare eccessivo impegnarsi in quello che i conoscitori delle cose televisive chiamano “observational documentary”. Il gioco, come suol dirsi, non vale la candela, colpa anche della scarsa credibilità di molte situazioni e di gran parte dei personaggi. I due sorveglianti sono al limite della macchietta. I professori interpretano alla meno peggio se stessi, ma si capisce che la loro severità è forzata. Anche i ragazzi sono disposti a subire pur di non abbandonare il programma. Lo sanno di essere in tv. Crollano i più deboli psicologicamente, ma questi servono allo spettacolo più degli altri. Le lacrime fanno ascolto. Grande fratello docet. Ci sono anche momenti di autentico terrore, come il taglio dei capelli (non si capisce, però, perché sia stato imposto solo ad alcuni). O momenti di tenerezza come quella mostrata dalle ragazze alle prese con bambolotti da curare come fossero bambini in fasce. Ma è troppo poco. Non basta nemmeno Giancarlo Magalli relegato a voce narrante. L'esperimento sociale non sembra riuscito, almeno dal punto di vista televisivo.
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