Qualcuno ha scritto che la disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile. Ecco,
vorrei ricordarmi ogni giorno invece quanto sia bello essere onesti, mentre tutto intorno la furbizia subdola – una delle più spregevoli manifestazioni di assenza di
talento – continui a sembrare una virtù, e la correttezza un sinonimo di stupidità.
Tutto dipende dal fatto che siamo pervasi dalla disonestà, da questo smog che entra nelle narici, ti si attacca ai vestiti e celebra la prevalenza dei troppo furbi. E di chi tenta comunque di fregarti, nelle grandi ma anche nelle piccole cose. Tanto da far scattare il principio dell’autodifesa, quello che spinge chiunque a cercare l’espediente, magari non realmente illecito ma spesso poco corretto, per restare a galla nel mare della slealtà altrui. Viviamo insomma più o meno tutti in libertà provvisoria. Ma con la consapevolezza che ribellarsi sia indispensabile. Perché essere onesti importa ancora, importa eccome. Marca le differenze, segna il confine: l’onestà è coscienza, indica il grado di affidabilità di una persona e di una comunità. Senza quella, la convivenza diventa impossibile. E una società dove il tasso di disonestà supera il livello di accettabilità, non regge e si disgrega. Per questo è bello essere onesti: forse un po’ stupidi, ma certamente in pace con se stessi.
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