Dopo la striscia quotidiana preserale nella primavera scorsa, Che ci faccio qui di Domenico Iannacone torna il solo lunedì in seconda serata su Rai 3 con quattro puntate speciali per portarci nel cuore di periferie simbolo come Scampia a Napoli e San Basilio a Roma. Finora Iannacone aveva raccontato storie di vita e di riscatto attraverso un viaggio nell'animo umano alla scoperta di personalità varie e spesso imprevedibili. Uomini e donne che hanno saputo reagire con determinazione in circostanze anche difficili. Questa volta, stando almeno alla prima puntata, sembra raccontare storie di miseria senza redenzione, vite perdute o rassegnate alla povertà, con una chiave di lettura, però, importante e perfino positiva: la solidarietà basata sul principio che chi meno ha, più aiuta. «Hai gli occhi buoni», dice Iannacone alla ragazza madre abbandonata dal compagno. «Sei una persona buona», ribadisce al disoccupato che va in giro a raccogliere ferro e lattine tra i rifiuti. È anche un tentativo di ribaltare il luogo comune su Scampia come territorio dello spaccio e della camorra. Gli abusivi che abitano le tristemente note Vele, che tra un film e una fiction sono diventate un set cinematografico permanente, hanno una forte dose di umanità. Il conduttore, autore e regista ci porta realmente dentro a Scampia ed è interessante che il suo viaggio in questo “inferno” inizi accompagnato da una sorta di Virgilio: il postino che da trent'anni urla a tutti (alle Vele non ci sono numeri civici né tantomeno campanelli) per consegnare il più delle volte quelle che lo scrittore ex camorrista Davide Cerullo definisce le “parole evase”, ovvero le lettere dal carcere. Il postino sfata anche il luogo comune sui lavoratori napoletani. Lui sta per andare in pensione dopo 41 anni alle Poste senza aver mai fatto un giorno d'assenza. Per i suoi clienti non esiste il problema perché un vero lavoro non l'hanno mai avuto. Iannacone racconta soprattutto di loro. Lo fa con il suo stile, da protagonista insieme alla persone che incontra, cercando comunque di non far sentire la presenza delle telecamere. Anche gli intervistati in questo senso sono obbedienti e bravi a non guardare mai dritti nell'obiettivo.
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