Gli uomini veramente coraggiosi non hanno nessun bisogno di battersi in duello, mentre molti vigliacchi lo fanno in continuazione per farsi credere coraggiosi.
Un giornalista mi fa vedere un opuscolo del famoso scrittore americano Ernest Hemingway (1899-1961) che non avevo mai visto. S'intitola in inglese Mussolini, Europe's prize bluffer e non so se esista una traduzione italiana. Che il Duce meriti un premio come grande "ingannatore" in Europa può essere vero e bisogna dire che è, al riguardo, in buona compagnia nella storia. Ma, al di là del caso specifico, c'è una frase in quelle pagine che merita un'applicazione per tutti e su di essa forse avrebbe dovuto meditare anche Hemingway che non risparmiava enfatiche attestazioni di coraggio e sfide.
Il duello a spada o a parole è il più delle volte segno di debolezza della ragione. Quanto più si urla, tanto più si è insicuri delle proprie asserzioni. L'isteria non è mai segno di certezza ma di povertà argomentativa. Quanto più è debole la fondatezza delle convinzioni, tanto più si alza il tono della voce e l'apoditticità delle dichiarazioni. Per stare al verbo inglese to bluff, usato da Hemingway, esso significa "ingannare" e da noi è stato adottato come sostantivo per indicare l'inganno ammantato di prosopopea (in inglese è usato soprattutto per il gioco del poker, quando uno è poi costretto a scoprire con vergogna le proprie carte). Ecco, allora, la necessità di un sano ritorno alla pacatezza, al dialogo serrato ma sereno, al coraggio vero che è discrezione, argomentazione, convinzione motivata. Non lasciamoci impressionare da chi sa gridare più forte in televisione e altrove: il più delle volte cerca di convincersi lui stesso di avere (un'improbabile) ragione!
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