I gesti compiuti da alcune figure evangeliche ci insegnano come dovremmo dispiegare il tessuto quotidiano e silenzioso dei nostri propri gesti. Quando Zaccaria inaspettatamente salì sul sicomoro, in quel gesto Gesù intuì la sete che gli ardeva in cuore. Quando l’emorroissa fendette la spessa barriera della folla per toccare solo l’orlo del suo mantello, Gesù comprese l’immensità e il dolore del suo desiderio. Quando il cieco Bartimeo gridò verso Gesù, i suoi occhi fino ad allora chiusi si riempirono di una visione nuova. E quando Pietro raccolse la sfida del Nazareno, camminò sulle acque del lago contro la sua stessa paura. Noi non ce ne rendiamo conto, ma ognuno di quei gesti racconta una storia di fragilità uguale alla nostra e un’audacia della fiducia e del rischio che non dev’essere stata facile. La nostra vita è piena di gesti simili: sono la nostra preghiera silenziosa di ogni giorno. Gesti tremolanti, imprecisi e incompleti, a metà strada tra la fiducia e il grido. Gesti confusi e afflitti, urgenti come fiammate, consumati come ceneri. E, allo stesso tempo, anche gesti illuminati, armoniosi e grati; gesti che liberano una specie di musica; gesti che sono una coreografia in stato di grazia. Quelli che sembrano movimenti minimi e spostamenti senza importanza rivelano, in fondo, qualcosa d’altro.
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