Sono caduto in un buco nero, naturalmente senza volerlo. Questo buco nero mentale ha un nome: si chiama Sette brevi lezioni di fisica e le ha scritte per Adelphi Carlo Rovelli (pagine 88, euro 10). Quando parlano i fisici teorici e gli astrofisici e ci descrivono l’universo con le povere parole comuni che di solito usiamo, noi profani cadiamo in quello che immaginiamo essere un buco nero, un vuoto vorace dentro cui non si vede niente. Il bello dei fisici teorici e degli astrofisici è che sono sempre di buon umore. Li diverte sapere. Ma non sapere li diverte ancora di più. Perché dovranno darsi da fare con l’immaginazione scientifica e l’organizzazione delle ricerca: il che è la loro stessa vita. Dietro al loro conoscere c’è una massa per noi misteriosa e invisibile di calcoli matematici. Ma se cercano di comunicare nella lingua d’uso, devono accettare di essere capiti proprio dal punto di vista che secondo la loro scienza è il più lontano dalla realtà vera. Sarà per questo che il lettore che legge le loro parole ha spesso l’impressione di sognare. Crede in quelle parole, che però sono così remote dalla struttura del mondo scientificamente accertata che in realtà parlano d’altro, metaforizzano il non percepibile: «Il nostro mondo potrebbe essere nato da un universo precedente che stava contraendosi sotto il proprio peso, fino a schiacciarsi in uno spazio piccolissimo, per poi “rimbalzare” e ricominciare a espandersi, diventando l’universo in espansione che osserviamo intorno a noi. Il momento del rimbalzo, quando l’universo è compresso in un guscetto di noce, è il vero reame della gravità quantistica: spazio e tempo sono del tutto scomparsi, il mondo è dissolto in una pullulante nuvola di probabilità, che le equazioni riescono tuttavia ancora a descrivere» (p. 55). Che pensare? C’è qualcosa a cui pensare, se non restare muti e sgomenti, o divertiti come bambini? Questa scienza dell’inconcepibilmente immenso e minimo non permette di pensare nulla. Beato chi è di buon umore perché la ricerca è sempre alacremente in corso e (conclude Rovelli) «staremo a vedere». Dove trova l’astrofisico la buona voglia o uno scopo per vivere in quel mondo che per lui è di sole apparenze, in cui si agitano e si consumano gli ignari non scienziati? La materia gioca con se stessa, si espande e si contrae come il nostro sapere. Molto bene. Tutto qui?
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