Guarda dove cammini! È un comando udito spesso da piccoli e al quale, da grandi, ancora non obbediamo. Capita così, in quel di Tiberiade passeggiando sul Monte delle Beatitudini, di calpestare una pavimentazione musiva che in pochi osservano attentamente. Eppure, uscendo dalla basilica delle Beatitudini, sul lato destro del piazzale possiamo osservare un elegante movimento di girali di vite con alcune raffigurazioni circolari. Ogni girale rappresenta una beatitudine significata da tre personaggi racchiusi in medaglioni. La genialità iconografica sta nel fatto che i tre “testimonial” presenti in ogni girale sono desunti dal Primo testamento, dal Nuovo e dalla storia della Chiesa. Emerge un quadro affascinante che racconta biblicamente le otto condizioni che ci rendono idonei all'eternità. Pochi le notano, nemmeno le guide più accurate citano l'opera di Nassori, cosicché, appunto, si cammina senza guardare. Tuttavia la santità, come ricorda la liturgia del 1° novembre, è un cammino.
Guardo la sequenza delle beatitudini e l'occhio cade sulla Beatitudine dei puri di cuore. Penso al Sinodo dei Giovani e rimango colpita dalla scelta dei personaggi: Samuele, san Giuseppe lo sposo di Maria, santa Chiara d'Assisi. In fondo sono tre giovani (anche san Giuseppe, raffigurato spesso come anziano, era in realtà un giovane tra i 25 e i 28 anni), che nella loro vita affrontarono compiti gravosi, risolvendoli in forza della loro purezza di cuore. Forse, nel dibattito che ha generato il documento sinodale, è mancata questa beatitudine. I puri di cuore sono asher lev, hanno innato il senso della giustizia e possiedono quella sapienza del cuore capace di vedere bene laddove gli uomini, anche i migliori, non vedono. Primo testimone di tale beatitudine è Samuele, il mosaico tenta di abbracciare tutta la vita del profeta. Da un lato è ritratto adulto nel pieno delle sue funzioni di giudice e profeta, ha la corona in testa e, con il corno dell'olio in mano, si accinge a ungere Davide, il figlio di Jesse sul quale nessuno aveva scommesso perché non aveva il physique du rôle per fare il re. Dall'altro la frase si riferisce a Samuele giovinetto: «Dominus erat cum eo», Dio era con lui, perché questo ragazzino non lasciava cadere nessuna delle Parole del Signore (1 Sam 3:19). Anche san Giuseppe ha saputo vedere nella maternità di Maria il miracolo inusitato di un Dio fatto carne. Duemila anni di storia cristiana proclamano il valore immenso della verginità come la via che Dio ha scelto per venire a noi. La scritta che adorna il tondo di san Giuseppe recita così: «Constituit eum dominus domus suae». Si tratta di una citazione riferita a Giuseppe, figlio di Giacobbe, contenuta nel Salmo 104 (vv. 17-21): «Lo pose signore della sua casa, capo di tutti i suoi averi». Un ragazzo è stato costituito capo della Casa di Dio. I giovani sono una risorsa della società, sono la grande risorsa, per questo sono colpiti più duramente dal mistero dell'iniquità e un disegno perverso spinge l'occidente a procreare pochi figli. L'ultimo medaglione non ha scritta, raffigura santa Chiara, il cui nome già di per sé proclama la beatitudine. Quest'esile monaca non ha esitato ad allontanare da Assisi l'esercito turco con la sola forza dell'Eucaristia e la purezza della fede. Forse a noi manca questo: uno sguardo verginale che non è sinonimo di debolezza ma piuttosto di lungimiranza e capacità di rispetto e creatività nelle situazioni più dure.
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