Di che pasta fosse fatto Giovanni Paolo II fu chiaro a tutti da subito. Dal momento in cui si affacciò dalla loggia di San Pietro dopo la fumata bianca, da quel «se sbaglio mi corrigerete» che mandò in soffitta in tre secondi la millenaria tradizione che voleva il Papa "muto" fino all'incoronazione. Diretto, testardo, deciso: Karol Wojtyla era fatto così, e nulla l'avrebbe mai fermato. Perfino poco diplomatico, a volte. Nel maggio del 1990, nel suo viaggio in Messico, incontrò a Durango gli imprenditori messicani, e rivolse loro un lungo discorso. Quel giorno ne aveva tenuti cinque (in quell'epoca i Bollettini della Sala Stampa arrivavano facilmente a pesare sui due o tre etti), e quel discorso fu ignorato da tutti i giornali, radio e TV, salvo "Avvenire"; e le Agenzie di stampa internazionali, a parte l'Ansa, non dedicarono a quell'incontro neppure due righe. Sei mesi prima era caduto il Muro di Berlino, e prima della fine dell'anno del Blocco Orientale non era rimasto nulla. Eppure quel discorso a Durango fu dirompente, a partire dall'affermare che «alcuni interessi vorrebbero... presentare il sistema che ritengono vincitore come l'unica via per il nostro mondo, basandosi sull'esperienza delle sconfitte che ha sofferto il socialismo reale, ed evitando il giudizio critico necessario sugli effetti che il capitalismo liberale ha prodotto, almeno finora, nei Paesi chiamati del Terzo Mondo».
Era in estrema sintesi quello che un anno più tardi la Centesimus Annus avrebbe ribadito e amplificato, con grande scandalo degli ambienti del capitalismo più liberista (e scavato un fossato tra Stati Uniti e Santa Sede ancora non del tutto colmato). Da allora il tratto dei Papi, Benedetto XVI e Francesco, è stato improntato alla stessa, inequivocabile chiarezza. E l'incontro che Bergoglio ha avuto qualche giorno fa con la Confindustria è stato, se mai ce ne fosse stato bisogno, una nuova conferma. «Nel mercato – ha detto – ci sono imprenditori "mercenari" e imprenditori simili al buon pastore, che soffrono le stesse sofferenze dei loro lavoratori, che non fuggono davanti ai molti lupi che girano attorno... I "due denari" che il samaritano anticipa all'albergatore sono molto importanti: nel Vangelo non ci sono soltanto i trenta denari di Giuda; non solo quelli. In effetti, lo stesso denaro può essere usato, ieri come oggi, per tradire e vendere un amico o per salvare una vittima. Lo vediamo tutti i giorni, quando i denari di Giuda e quelli del buon samaritano convivono negli stessi mercati, nelle stesse borse valori, nelle stesse piazze. L'economia cresce e diventa umana quando i denari dei samaritani diventano più numerosi di quelli di Giuda».
Quanto il Papa sia convinto di questo lo dimostra il recente incontro dei giovani che ha voluto convocare ad Assisi su "L'economia di Francesco". Un'economia, come si legge nel "Patto" sottoscritto, fondato su dieci parole d'ordine: pace, cura, servizio, tutela, amicizia, alleanza, riconoscimento, dignità, condivisione, felicità. Perché la vita degli imprenditori, ha detto alla Confindustria, «nella Chiesa non è stata sempre facile... In realtà, si può essere mercante, imprenditore, ed essere seguace di Cristo, abitante del suo Regno. La domanda allora diventa: quali sono le condizioni perché un imprenditore possa entrare nel Regno dei cieli?... Senza nuovi imprenditori la terra non reggerà l'impatto del capitalismo, e lasceremo alle prossime generazioni un pianeta troppo ferito, forse invivibile. Quanto fatto finora non basta: per favore aiutiamoci insieme a fare di più».
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: