mercoledì 17 marzo 2004
Come è impossibile costruire una nave senza chiodi, così è impossibile essere salvati senza umiltà. Detti editi e inediti dei Padri del deserto: è questo il titolo di un libro pubblicato nel 2002 dall'ed. Qiqajon della Comunità di Bose. Sono ormai molte le traduzioni delle frasi e degli apologhi, spesso folgoranti, di questi maestri dello spirito che conducevano la loro esistenza nelle aspre solitudini del deserto soprattutto egiziano. Da quel volumetto abbiamo attinto un semplice aforisma che, però, non è attribuito a un
abba', ossia a un "padre" spirituale, bensì a un' 'amma', cioè a una "maestra", una guida femminile, l'eremita Sincletica. La sua è un'immagine immediata: una nave è tenuta insieme nelle sue doghe, nei suoi pianali, nei suoi alberi da una serie di chiodi robusti, altrimenti è destinata a sfasciarsi alla prima navigazione tempestosa. Fuor di metafora, per Sincletica l'umiltà è simile ai chiodi: essa tiene insieme la vita spirituale di una persona. Così, vorrei qui sottolineare due aspetti del "chiodo" dell'umiltà. Il chiodo è piccolo rispetto alle assi e al legname, eppure è decisivo. La virtù è sempre qualcosa di modesto e nascosto, non ama svelarsi nella sua realtà più intima, ma deve penetrare in profondità. Tutte le virtù non si ostentano ma si praticano. C'è poi un'altra qualità del chiodo: è duro e resistente, penetra nel legno che è più molle. Così è per l'umiltà che esige esercizio severo, fatica, lacerazione nelle abitudini e soprattutto un ingresso deciso nella carne morbida del nostro orgoglio, di un io che cresce a dismisura e che è, però, inconsistente, fatuo e appariscente. E trafiggendolo, lo fa sanguinare.

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