Tokyo, 28 luglio 2021. Lei bagnata, io no. Però ho condiviso il suo cloro dal primo giorno che ha iniziato a vincere. Ero appollaiato sulla tribuna della piscina di Atene 17 anni prima, quando Federica ne aveva solo 16 e si prendeva il primo argento olimpico. E ho visto tutta l’acqua che ha spostato dopo. Atene, Pechino, Londra, Rio: quanta schiuma, un milione di bracciate. L’Araba Fenice tatuata sul collo, l’oro di Pechino, e poi Londra, Rio, fino a Tokyo: cinque finali nella stessa gara in cinque edizioni dei Giochi, nessuno come lei. Un milione di colpi di gambe, i 200 stile libero che sono stati sempre e solo suoi, la vasca da bagno di casa perché era la sua acqua, gli 11 record del mondo stabiliti in carriera. Per questo adesso è una coltellata al cuore veder recitare Federica Pellegrini nei reality tv, ballare davanti a giudici rissosi, fare la pubblicità a un integratore alimentare, ma pure a una marca di materassi, a un’assicurazione. Intuire insomma che anche un mito può vendersi dopo essersi tolto l’acqua da dosso. Ma il passato resta, si affievolisce di fronte alla realtà che cambia, ma resta. È la cosa bella di quelli che diventano famosi: passano la vita a regalare alla gente momenti indimenticabili. Alle volte sono cose da nulla, che durano lo spazio di un gesto. Ma nel mosaico di una vita, sono tessere incendiate, sono meraviglia incancellabile.
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