Quando arriva la fine dell’anno inevitabilmente si stilano classifiche; lo sport non fa eccezione, e questo 2024 olimpico fornisce materiale in abbondanza. Non farò classifiche ma una riflessione su un tema: la rinascita. Parto dall’impresa più recente, quella di Sofia Goggia che al rientro, dopo 313 giorni, da un infortunio terribile che le aveva frantumato tibia e malleolo e portata a passo dal mollare tutto, è tornata centrando un secondo posto in discesa libera e, subito dopo, la vittoria del Super G. Dal tennis, nel suo anno magico, scelgo Sara Errani, che a trentasette anni e dopo svariate odissee ha vinto una medaglia d’oro olimpica insieme a Jasmine Paolini. Il suo servizio dal basso sul match point di Parigi è il gesto che più si avvicina alla fionda di Davide che sconfigge il gigantesco Golia, mentre Matteo Berrettini ha sconfitto i suoi problemi fisici e con un glorioso comeback ha finalmente vinto la sua Davis, in campo. Poi un altro tennista, questa volta finlandese: Harri Heliövaara, ritirato dalle competizioni nel 2013 per un grave problema di spondilite anchilosante, completa gli studi in ingegneria e tenta di prendere il brevetto di volo, non riuscendoci per lo stesso problema alla schiena. Senza perdersi d’animo Harri trova lavoro all’aeroporto di Helsinki e aiuta la federazione tennis scandinava, ma in ufficio. Poi, nel 2017, una nuova cura, il ritorno in campo e quest’anno la vittoria a Wimbledon in doppio, non rivendicando miracoli ma solo sprizzando felicità, ringraziando la scienza e la propria ostinazione. Che dire poi di Benedetta Pilato, nuotatrice ai piedi del podio olimpico nei 100 rana a Parigi per un solo centesimo di secondo? Anche lei dopo aver superato un momento terribile per la sua carriera e averlo ricordato in diretta televisiva («sono felice, un anno fa non ero neanche in grado di farla, questa gara») ha costretto il presidente della Repubblica Mattarella a cambiare un paradigma e invitare al Quirinale anche gli atleti classificatisi al quarto posto. A quell’incontro c’era pure Elena Bertocchi, tuffatrice, che neanche un anno fa pensava di smettere per un osteoma osteoide alla schiena e, con una cicatrice lunga più di 10 cm, è arrivata quarta ai Giochi nel nuoto sincronizzato, ripresa solo da chi abita una società malsana che vede una medaglia olimpica come un raggiungimento facile, alla portata di ogni atleta. Resilienza e cambi di paradigmi? Chiedere a Rigivan Ganeshamoorthy, nostro campione paralimpico nel lancio del disco, con tre record del mondo nella stessa finale, che ha messo sottosopra una dozzina di stereotipi, pregiudizi, luoghi comuni dedicando la sua medaglia «ar decimo Municipio de Roma». Chiudo con Giulia Ghiretti, parmigiana trentenne, promessa della ginnastica costretta sulla sedia a rotelle dopo uno sfortunato salto sul trampolino elastico. Decide di nuotare e studiare, senza perdere tempo in alibi. Prima si laurea in ingegneria biomedica al Politecnico di Milano e poi vince i Giochi Paralimpici di Parigi nei 100 metri rana, la gara di Benedetta Pilato. Cinque donne e tre uomini che segnano indelebilmente questo 2024 e, come direbbe il poeta Alfred Tennyson, sono «un'eguale indole di eroici cuori, indeboliti dal tempo e dal fato, ma forti nella volontà di combattere, cercare, trovare, e di non cedere!».
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