La "sindrome dell'arto fantasma" non è una vera e propria malattia, ma è un disturbo che colpisce quasi tutte le persone che abbiano subìto l'amputazione di un arto. In pratica se, per esempio, uno ha avuto un braccio amputato, può succedergli che a un certo punto inizi a fargli male la mano mancante, o a prudergli, o anche solo a "sentirla" in una certa posizione piuttosto che in un'altra. Una sensazione terribile, potete immaginarlo, anche perché non si può praticamente fare nulla per lenire quel dolore o quel prurito, né per correggere una posizione che è solo immaginaria. Per la "sindrome dell'arto fantasma", infatti, non esiste nessuna terapia. È un qualcosa legato alla propriocezione, ossia alla percezione che abbiamo di noi stessi nello spazio. E, come per quasi tutte le patologie che interessano il sistema nervoso centrale, anche per questa non si conoscono né la causa né la cura. La subisci e basta.
La prima volta che ne sentii parlare ero abbastanza piccolo, potevo avere dodici anni. Ne soffriva Pepè, ricordo solo il soprannome, una ragazza del gruppo scout delle mie sorelle, che aveva avuto una gamba amputata in seguito a un tumore osseo (e purtroppo sarebbe morta meno di due anni più tardi), che diceva sempre quanto fastidio le desse il piede che non c'era più. Poi, quando incominciai ad andare a Lourdes come volontario, ho incontrato tante altre persone che lamentavano lo stesso, insopportabile disturbo. E molte ne raccontavano piangendo.
A me succede qualcosa di simile, pur non avendo subìto nessuna amputazione. Da quando sono costretto a letto a causa della Sla, spesso perdo completamente la percezione di dove siano finite le mie braccia e le mie gambe. Mi capita ogni notte e, di frequente, anche di giorno; nel mio caso non si tratta di dolore, né di prurito, in quanto i miei arti sono ancora sensibili, e quindi se provo fastidio può intervenire qualcuno per aiutarmi (anche se per il prurito sono riuscito a sviluppare una resistenza quasi zen), ma "perdo" la nozione di dove siano. Mi sembra di avere un piede puntato verso l'alto e l'altro verso il basso, e le mani incrociate sulla pancia, o assenti del tutto. E se per le gambe, che ancora riesco a muovere di qualche millimetro, basta quel piccolo spostamento per tornare a sentirle nella posizione in cui sono, per le mie immobili braccia non c'è niente da fare. Arrivo a sentire le unghie di una mano conficcate nell'altra. L'impotenza assoluta. Ed è tremendo.
(72-Avvenire.it/rubriche/Slalom)
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