Sono giovane come la mia speranza, vecchio come il mio scoraggiamento. Sono giovane come la mia fede, vecchio come il mio dubbio. Sono giovane come le mie aspirazioni, vecchio come le mie lagne. Sono giovane come il mio sorriso, vecchio come il mio broncio. Sono giovane come le mie conquiste, vecchio come le mie abitudini. Sono giovane come il mio amore, vecchio come il mio rancore. Sono giovane come la mia dolcezza, vecchio come la mia durezza. Sono giovane come la mia gioia, vecchio come la mia noia.
In una pagina del bel volumetto Il Senso della Vita. Attingere alla Sorgente della felicità di padre Gianni Santopietro (ed. Missionari OMI) c'è questa gustosa rappresentazione della convivenza in ogni persona di giovinezza e vecchiaia (il testo è di Maurizio Giordano). Come accade per vizi e virtù e persino per fede e incredulità, le frontiere sono mobili: talora ci riposiamo al sole del bene, della verità e della pace; altre volte, insensibilmente, ci trasferiamo nel territorio oscuro del male, della menzogna, dell'insoddisfazione e dell'infelicità.
Il confine tra la freschezza di una vita giovanile e il crepuscolo smorto di una vecchiaia interiore non è cronologico ma esistenziale. Ci sono, infatti, giovani scoraggiati, dubbiosi, imbronciati, abitudinari, rancorosi, duri e noiosi. E ci sono anziani pieni di speranza, di fede, di sorriso, di novità, di amore, di dolcezza e di gioia. È, dunque, soprattutto nella coscienza e nella vita che si misura lo stato vero di una persona. Certo, anche il tempo
e il corpo giocano una loro parte; ma decisivo rimane l'anelito dell'anima che mantiene sempre aperta la mente, fremente il cuore, viva l'attesa. Proprio come diceva il salmista: «Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi» (92, 15).
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