Il cristianesimo è gioia. Papa Francesco, così come i suoi predecessori, ha sempre molto insistito su questo concetto, tanto da arrivare a dire che «un cristiano senza gioia o non è cristiano o è ammalato». Questo però non vuole dire che per essere un bravo cristiano sia necessario o doveroso mostrarsi con il sorriso perennemente stampato sul viso; come in tutte le cose umane, anche riguardo a questo tema bisogna avere i piedi per terra, consapevoli che «la vita cristiana – ha detto qualche giorno fa durante la Messa mattutina a Santa Marta – non è un carnevale, non è festa e gioia continua». E quindi, oltre ai momenti belli, vanno messi in conto anche i momenti brutti, i momenti “bui”, di “distacco” dell'anima. L'importante, in quei casi, è non cedere alla «desolazione», non «lasciarsi cadere», ma essere «perseveranti» e ricordare «i giorni felici dell'incontro con il Signore».
Nella Lettera agli Ebrei, ha osservato il Papa, l'autore si rivolge ai «cristiani che stanno passando un momento buio», una fase di persecuzione interna ed esterna. Un'esperienza che tutti abbiamo fatto, perché la vita cristiana è così: «Ha dei momenti bellissimi e dei momenti brutti, dei momenti di tepore, di distacco, dove tutto non ha senso... il momento della desolazione. E in questo momento, sia per le persecuzioni interne sia per lo stato interiore dell'anima, l'autore della Lettera agli Ebrei dice: “Avete solo bisogno di perseveranza”. Sì. Ma perseveranza, perché? “Perché fatta la volontà di Dio, otteniate ciò che vi è stato promesso”. Perseveranza per arrivare alla promessa». Ed è quando «le cose sembrano perdere senso», che allora «i cristiani devono perseverare per arrivare alla promessa del Signore», senza «andare indietro». Memoria e speranza sono le cose che servono per superare la desolazione e lo sconforto. Memoria dei momenti belli di quando si è incontrato il Signore, «il tempo dell'amore»; speranza per quanto ci è stato promesso. Così si fa «resistenza nei momenti brutti», «una resistenza della memoria e della speranza, una resistenza con il cuore: il cuore, quando pensa ai momenti belli, respira, quando guarda alla speranza, può respirare, pure. Quella è la cosa che noi dobbiamo fare nei momenti di desolazione, per trovare la prima consolazione e la consolazione promessa dal Signore».
Anche oggi, ha osservato ancora Papa Bergoglio, «tanti, tanti uomini e donne che stanno soffrendo per la fede ma ricordano il primo incontro con Gesù, hanno speranza e vanno avanti. Questo è un consiglio che dà l'autore della Lettera agli Ebrei per i momenti anche di persecuzione, quando i cristiani sono perseguitati, attaccati: “Abbiate perseveranza”». E «anche quando il diavolo ci attacca con le tentazioni, con le nostre miserie», bisogna «sempre guardare il Signore» e avere «la perseveranza della Croce ricordando i primi momenti belli dell'amore, dell'incontro con il Signore e la speranza che ci spetta». E nemmeno dobbiamo mai vergognarci di questa nostra “umanità”. «Nel Cenacolo – disse nel 2006 Papa Benedetto – gli Apostoli non sapevano che cosa li attendeva. Intimoriti, erano preoccupati per il proprio futuro. Continuavano ancora a sperimentare lo stupore provocato dalla morte e risurrezione di Gesù ed erano angosciati per essere restati soli dopo la sua ascensione al cielo. Maria, assidua insieme agli Apostoli nella preghiera, insegnava la perseveranza nella fede. Con tutto il suo atteggiamento li convinceva... che si poteva porre la propria fiducia in Dio, donando senza riserve a Lui se stessi, i propri talenti, i propri limiti e il proprio futuro». Anche noi dobbiamo sapere che non siamo mai soli.
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