mercoledì 19 marzo 2003
Igenitori che si aspettano gratitudine dai figli (anzi, spesso la pretendono) sono come usurai: rischiano volentieri il capitale pur di incassare gli interessi. Avevo tenuto in serbo questa citazione dei Diari di Kafka ormai da tempo. Spero che non scandalizzi nessuno se la propongo proprio oggi, festa di san Giuseppe. In realtà, il padre legale di Gesù, smentisce appieno l'asserto del celebre scrittore praghese che con suo padre aveva avuto un rapporto difficile e teso. San Giuseppe, infatti, è l'emblema della generosità più assoluta: egli vive accanto a questo figlio così inatteso e straordinario con estrema dedizione e discrezione, senza parlare, esigere, ostentare. In questa luce diventa proprio l'antitesi del genitore bollato da Kafka come "usuraio" nei sentimenti. Tuttavia non si può ignorare che la natura stessa dell'uomo è segnata duramente dall'egoismo che si può infiltrare persino in quell'orizzonte così libero e gratuito com'è quello della paternità e della maternità. Il vero amore dona e non calcola, è generoso e «non cerca il suo interesse», come già ammoniva Paolo (1 Corinzi 13, 5), va oltre l'ingratitudine e cancella anche l'offesa. Talvolta, però, la presenza dei genitori può essere soffocante, pedante, esigente nel richiedere un ritorno di riconoscenza o di vantaggio. È così che, allora, accade quello che un altro scrittore, Oscar Wilde, registrava in modo provocatorio: «I figli cominciano con l'amare i genitori. Dopo un po' li giudicano. Raramente li perdonano».
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