Aiutare gli agricoltori sulla base di quello che vogliono fare e non di quello che hanno già fatto. Sembra un'idea ovvia, ma è assunta come chiave di volta delle proposte che il mondo della cooperazione agroalimentare ha lanciato all'Europa in vista della riformulazione della Politica agricola comune (Pac).
Potrebbe essere questa la base per rilanciare una Pac alle prese con bilanci ristretti e richieste sempre più larghe oltre che con relazioni internazionali non facili. Secondo Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e Agci-Agrital " che in questi giorni hanno presentato un loro rapporto all'Ue ", occorre dire basta alle erogazioni europee basate su status acquisiti, come la proprietà, l'uso della terra o la titolarità dell'azienda. Per le cooperative, per conciliare risorse scarse e richieste in aumento, occorre che la Pac post 2013 (quando si esauriranno le attuali norme in vigore), deve puntare «a un maggior legame tra contribuzione pubblica e ruolo del settore primario in funzione delle nuove istanze politiche e sociali, ma anche della necessità di rendere l'agricoltura europea maggiormente competitiva rispetto alle agricolture mondiali». Che, detto in parole semplici, significa niente tagli di bilancio ma una spesa migliore e più efficace. I settori individuati dalle sigle della cooperazione italiana sono, per esempio, lo sviluppo di misure di orientamento al mercato, la valorizzazione delle Organizzazioni di produttori (Op) e una maggiore concentrazione dell'offerta; ma anche l'individuazione di strumenti in grado di favorire il corretto funzionamento dei mercati e la semplificazione burocratica degli schemi d'intervento. Insomma, la ricetta sembrerebbe essere quella di snellire le procedure, spendere in maniera più attenta i soldi dirottandoli sui produttori che dovrebbero guadagnare intanto più ampi margini di mercato. Potrebbe essere questa la strada giusta. Fatto è che occorre comunque tentare soluzioni nuove.
Il comparto agricolo e agroalimentare, infatti, vive una stagione di guado da una crisi che pareva irreversibile a una situazione in cui i segnali di ripresa iniziano a vedersi. Servono però strumenti e risorse. Da questo punto di vista, una buona notizia per i produttori è arrivata sempre in questi giorni dall'Agea: in base ad un accordo con le Regioni (non esente da polemiche), entro pochi mesi dovranno essere erogati circa 700 milioni di euro per i programmi di sviluppo rurale che a loro volta attiveranno risorse (nazionali e regionali) fino a 1,1 miliardi. Risorse buone anche per tentare di valorizzare e difendere di più il cosiddetto Made in Italy agroalimentare che sul ring dei mercati internazionali continua a subire i colpi, anche sotto la cintura, della concorrenza. Basta pensare che, secondo le ultime stime Coldiretti, i prodotti che fanno parte del cosiddetto italian sounding valgono circa 60 miliardi di euro: un giro d'affari che con buona ragione dovrebbe essere appannaggio dei produttori agroalimentari dello Stivale.
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