"Frontiere" chiude il ricordo di Vermicino
martedì 15 giugno 2021
Lo Speciale di Frontiere (domenica alle 20.10 su Rai 3) è stato con molto probabilità l'ultimo programma in ordine di tempo a tornare sulla tragedia di Vermicino a quarant'anni da quel giorno tra il 12 e il 13 giugno 1981 in cui l'Italia intera si fermò per una diretta televisiva di oltre 17 ore nella speranza di un lieto fine che non ci fu. Il piccolo Alfredo Rampi, per tutti Alfredino, non sarebbe risalito vivo dal pozzo artesiano nel quale era precipitato. Il racconto di Franco Di Mare, intrecciato a quello del capo della Protezione civile Fabrizio Curcio, del capo dei Vigili del fuoco Fabio Dattilo, di Walter Veltroni e dei giornalisti Piero Badaloni, Pierluigi Camilli e Massimo Lugli, non ha fatto altro che confermare gli errori e l'improvvisazione, oltre la buona volontà, dei soccorritori e il ruolo condannabile della tv, che da quel momento non sarebbe più stata la stessa: avrebbe perso una volta per tutte il senso del limite. Quel pozzo maledetto, largo appena 28 centimetri, dove un bambino di 6 anni si era infilato chissà come, diventa l'ambiente del primo involontario reality di massa. Una località nelle campagne di Roma si trasforma nel centro del mondo, almeno di quello televisivo. Il racconto mediato dalla tv segue il tragico evolversi dei fatti fino alla morte in diretta, avvertita tramite una voce lontana (che Frontiere correttamente non ha fatto risentire) che diventa sempre più flebile fino a scomparire, fino al silenzio assoluto. Un'autentica angoscia, anche per i telespettatori, che hanno vissuto la vicenda in modo drammatico, condizionati dalla forza di un racconto televisivo che ha lasciato una ferita aperta in tutti coloro che oggi hanno più di cinquant'anni. Forse intorno a quel pozzo ci voleva un muro umano come quello che i calciatori danesi hanno realizzato intorno al compagno di squadra Christian Eriksen esanime sul campo di calcio degli Europei.
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