Il traghetto da Livorno si avvicinava al porto di Golfo Aranci, nel nord della Sardegna. Erano le sette di un mattino di dicembre, ancora scura la notte. Ma già da miglia lontano, nel mare agitato, le luci di Golfo Aranci erano un bagliore chiaro e certo. Fronte del porto: luci, ormeggi, uomini. La Capitaneria, i magazzini, e il faro con il suo raggio intermittente che sembra dire ai naviganti: siete arrivati, qui troverete approdo.
Mi commuovono, nella notte, le luci di un porto - oltre il mare immenso uomini, moli, boe cui assicurare le grosse cime delle navi. Terra, su cui sbarcare.
Quel mattino di dicembre, dalla prua osservavo il cielo. Assolutamente nero ancora, mentre il traghetto lentamente faceva manovra. Ma, all'ultimo, erano ormai le sette e un quarto, dietro a una collina a est ho colto un primo istante: non di luce, ma di un buio appena più chiaro. Non era ancora l'aurora, era il suo messaggero, in una grigia alba d'inverno. Una sfumatura di buio appena più chiara.
Bisognerebbe esercitarsi a riconoscerlo nelle giornate, nella fatica quotidiana, questo impercettibile istante di inizio: dà più speranza, a chi è in cammino, quel primo evanescente chiarore che il sole più alto dell'estate.
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