Non è per amor di ridondanza che ritorno sul discorso che papa Francesco ha rivolto il 22 alla Curia romana, e al quale lo stesso “Avvenire” ha dedicato ieri le prime pagine. È perché la Rete mi pare racconti di un interesse particolarmente genuino, tale da giustificare quello, inevitabilmente strumentale, dei media generalisti e tale da indurre, spero, qualche riflessione anche in chi scrive sui siti e blog dediti all'informazione religiosa.I quali hanno riservato a quelle “15 malattie” una quota “normale” di link (uno su cinque, limitatamente alla giornata in cui il discorso è stato pronunciato) e il solito tasso di polarizzazione pro/contro. Ma l'aggregatore che mi aiuta in queste mie rassegne mi informa che, su “Vatican Insider”, quell'articolo è risultato molto più “popolare” (cioè ha ricevuto molte più visite) della media. 28 volte più popolare. E Facebook conferma riferendomi, sul profilo di “Avvenire”, numeri altrettanto fuori scala per l'immagine – peraltro molto ben costruita – postata a sunto della notizia: in 3.000 hanno detto “mi piace”, il tono dei commenti è stato generalmente empatico e soprattutto in 10.000 l'hanno condivisa. Senza contare che ha raggiunto oltre 900mila persone.Tra costoro, anch'io: e questa è una specie di prova del nove. Non solo perché anche nel piccolo dei miei “amici”, che sono “pochi ma buoni”, quell'immagine e quelle parole hanno riscosso un successo molto più alto della media dei miei post. Ma anche perché, in quel piccolo come nel più grande di cui ho già detto, le parole di Francesco sono state lette, si direbbe, nello spirito evangelico di chi vede la trave che ha nel proprio occhio, più che guardare la pagliuzza che sta nell'occhio del fratello. Che poi ognuno senta come proprio occhio, oltre a sé stesso, la comunità familiare, quella parrocchiale o religiosa o associativa, la diocesi, la Chiesa nazionale o la curia romana, dipende in fondo anche da come si vive il sensus ecclesiae…
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