Tra le molte notizie religiose in cui ho navigato nelle ultime quarantott'ore, alcune erano decisamente cattive. E non penso alle consuete polarizzazioni nelle diatribe interne alla compagine ecclesiale, ma piuttosto al binomio tra antisemitismo e tifo calcistico, dove annoto, trasecolando, che chi ha diffuso le immagini di Anna Frank con la maglia della Roma si è giustificato dicendo che, secondo una recente sentenza, «non è reato apostrofare un tifoso avversario accusandolo di appartenere ad altra religione».
Di “Lei”, invece, il passaparola della Rete – a partire da un sito ( tinyurl.com/ybpxl3pq ) e da un profilo Facebook che più sobri non si può – mi ha detto abbastanza da farmi pensare che quella della sua uscita, ieri, fosse la “notizia religiosa” più buona che avevo incontrato. Notizia religiosa perché “Lei”, l'ultimo romanzo di Mariapia Veladiano, «è la storia umanissima di ogni madre ed è la storia di Maria raccontata in poesia, in pittura, in musica, nel vetro, nel ghiaccio immacolato, a punto croce, sulle volte delle cattedrali e sui selciati delle piazze, a chiacchierino e col tombolo. Qui parla Maria, Madre di Dio bambino, ma per ogni madre il suo bambino è Dio, vita che si consegna fragilissima e si promette eterna», si legge sul sito. Non ho ricevuto il libro in anticipo in pdf, come talvolta capita ai giornalisti, e, se anche fossi corso in libreria ad acquistarlo, non avrei fatto in tempo a leggerlo. Ma queste righe, le più intriganti delle venticinque di «piccole anticipazioni» diffuse, sono una gran promessa. «Guardavo le ali, le piume come un mare mosso. Anche i miei capelli e il vestito volavano ma non era il vento che fuori vorticava. Li ho fermati, la destra sui capelli la sinistra sulla veste. “Eccomi, eccomi, eccomi”. Piegata in avanti con il corpo come ad afferrare le immagini dentro i suoi occhi. A resistere all'uragano. A camminare controvento subito e sempre». Sembra proprio un'Annunciazione.
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