Fermate gli ultrà No alla “gogna pubblica” dei calciatori
lunedì 22 aprile 2024
è tempo che qualcuno ci spieghi se le Curve dei nostri stadi, dalle Alpi allo Stretto di Messina, sono davvero il cuore pulsante del tifo o semplicemente un luogo di incontro per spacciatori, criminali e potenziali ergastolani. Ce lo siamo chiesti ancora al termine di Roma-Milan, quarti di finale di Europa League. I giocatori giallorossi vincenti e festanti sotto la Sud, mentre i vinti, i rossoneri, costretti ad andare sotto lo spicchio della Nord a subire la reprimenda violenta degli ultrà milanisti. Scene viste e riviste. Soliti loschi figuri in mimetica black d’ordinanza che sembrano usciti da un plotone di Ustascia più che da un gruppo del tifo organizzato di un club italiano, i quali indignati per la sconfitta dei loro beniamini pretendono l’autodafè in Eurovisione. Gli urlano di tutto e arrivano a minacciarli, come già accadde alla squadra di Stefano Pioli dopo una sconfitta con lo Spezia un anno fa. Era di maggio (il 14) e a testa bassa Giroud e compagni dovettero fare pubblica ammenda, mentre dalla stessa Curva piovevano i peggiori insulti e minacce di ritorsione in caso di sconfitta nella gara successiva: il derby con l’Inter. Identico scenario anche questa volta, dopo l’eliminazione dall’Europa League ad attendere il Milan oltre alla furia degli ultrà
domani sera c’è l’Inter di Simone Inzaghi che si gioca il primo matchball scudetto. E all’appuntamento il Milan ci arriva più che con l’onta della sconfitta con la Roma con quell’umiliazione che fece scattare l’indagine della Procura in merito alla “gogna pubblica”
dinanzi alla Curva forcaiola. Memorabili le immagini di Marassi nel 2012, quando il Genoa sotto per 4-0 con il Siena scatenò la furia degli ultrà. I capi della Fossa chiesero ai calciatori del Grifone di togliersi la maglia in quanto ritenuti indegni di indossare la casacca del club più antico d’Italia. Quei poveri cristi a capo chino lo fecero, ma uno di loro, Beppe Sculli, chiamato come teste al processo che seguì contro i quattro ultrà accusati di lesioni, li difese pure dicendo: «Non fu costrizione ma una scelta». Come no, libera scelta in libero stadio. Marassi resta presidiato da alcuni di quegli stessi soggetti, un po’ più della solita sporca dozzina (15) che i pm del capoluogo ligure ora accusano per estorsione nei confronti del Genoa: pretesero 327mila euro per evitare aggressioni nei confronti dei calciatori rossoblù. Stiamo parlando di gruppi di pressione che vanno ascritti alla categoria “criminalità organizzata”. La stessa criminalità, neppure tanto organizzata, che il 4 giugno 1989 prima di un Milan-Roma prese a pugni e a calci il 18enne tifoso romanista Antonio De Falchi che morì di infarto. La Curva Sud lo ha ricordato con una grande coreografia prima della sfida europea con il Milan, ma il ricordo è servito solo a inasprire gli animi dell’opposta fazione. E il cattivo pensiero con cui chiudo questa triste colonna settimanale è che qualcuno degli assassini di De Falchi giovedì sera, forse, 35 anni dopo, era presente all’Olimpico a seminare ancora odio e terrore, per una partita di pallone. © riproduzione riservata
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