Questa rubrica chiude anch'essa la stagione con l'ultima di campionato di Serie A. Avevamo iniziato con una dedica speciale a due grandi amici, Gianni Mura e Ezio Vendrame, che se ne sono andati in questo tempo triste e solitario, e per molti, purtroppo, finale. Vendrame torna prepotente alla memoria con la sua massima provocatoria ai tempi in cui era il mister delle giovanili dell'Udinese: «Vorrei allenare una squadra di orfani», ripeteva sconsolato al cospetto di genitori invasati. L'unica cosa buona di questi anni persi e blindati del Covid è che almeno non abbiamo più sentito parlare di campetti di periferia popolati da “genitori ultrà” che minacciano arbitri o prendono a botte i papà e le mamme degli avversari in campo dei loro figli. C'è voluto un virus e il blocco dei campionati giovanili per ottenere una tregua che comunque non ha fatto bene, né ai ragazzi né al calcio. Ma ai genitori, al mondo adulto si spera di sì, forse può essere servito per riflettere sugli errori commessi e sui possibili correttivi futuri. La sindrome da Bellissima (film con Anna Magnani) è universale, pandemica anch'essa. La Cina ci è molto vicina: il miliardario He-Shihua pur di fare giocare il figlio un po' sovrappeso, 126 kg, prima si è comprato lo Zibo Cuju, club di serie B, poi ha imposto all'allenatore – pena l'esonero – di schierare sempre il suo pupillo assegnandogli la maglia n.10. Lo Zibo, grazie anche alle prestazioni imbarazzanti del figlio del patron, è ultimo in classifica (1 punto in 5 partite). Una follia, come quella commessa da Emiliano Scamacca, il papà dell'attaccante italiano più richiesto sul mercato, Gianluca (quotato fino a 40 milioni). Il signor Emiliano in preda a un raptus, lunedì scorso si è presentato a Trigoria, dove suo figlio è cresciuto nel vivaio giallorosso (ora gioca nel Genoa, in prestito dal Sassuolo), e con una spranga ha distrutto macchine e minacciato chiunque gli si parasse davanti. Un giorno di ordinaria follia che per fortuna è finito senza conseguenze gravi alle persone. Solo tanto spavento per i ragazzi della Roma che si allenavano nello stesso campo dove fino a poco tempo fa giocava anche Gianluca, il quale, si è dissociato dal gesto sconsiderato del padre, ricoverato in ospedale. Nella sua mente confusa questo papà ce l'aveva con chi non ha creduto a un futuro alla Roma di suo figlio? Uno su un milione ce la fa, nel calcio, a realizzare il sogno del padre. Uno di questi è Federico Chiesa, 23 anni, azzurro della Nazionale di Mancini e matchwinner della finale di Coppa Italia vinta dalla Juventus sull'Atalanta. Il sogno nel cassetto di suo padre, l'ottimo attaccante Enrico Chiesa, era poter giocare alla Juventus. Sogno sfumato e realizzato da Federico che quella Coppa Italia l'ha alzata al cielo assieme a Gigi Buffon che 22 anni fa, al Parma, l'aveva vinta con papà Enrico. Un padre che quando tutti hanno iniziato a dirgli che Chiesa jr era un fenomeno lui rispondeva saggio: «Calma, non corriamo con la fantasia. Il compito di Federico è quello di essere un ragazzo per bene e di studiare. Poi se il suo futuro dovrà essere nel mondo del calcio si vedrà...». Il futuro è già qui, e grazie a casa Chiesa.
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