“Fauda”, preveggenza della serie israeliana
mercoledì 11 ottobre 2023
Quando la finzione anticipa la realtà. In questi giorni, dopo il sequestro di cittadini israeliani da parte di Hamas, qualcuno si è ricordato della serie televisiva Fauda, anche perché alcuni degli interpreti si sono schierati apertamente con Israele. In parte poteva anche essere scontato, visto che si tratta di una serie israeliana che racconta le imprese di una unità antiterrorismo che opera sotto copertura in Cisgiordania con agenti infiltrati in grado di parlare arabo e di confondersi con la popolazione locale. Va però detto che Fauda (che in arabo significa caos ed è la parola che esclamano gli agenti quando la missione è compromessa) non è propriamente filoisraeliana, nel senso che sul crinale del bene e del male non divide in modo netto «buoni» da «cattivi», per intenderci. Quantomeno anche i presunti «buoni» utilizzano metodi da «cattivi» e hanno reazioni fortemente vendicative. Basti vedere il finale della terza serie (della quattro già disponibili su Netflix in attesa di una quinta annunciata) che poi è anche quella che anticipa l’attualità in quanto racconta del rapimento di due ragazzi israeliani che vengono portati a Gaza. Le dinamiche del rapimento nella finzione di Fauda non sono certo le stesse attuate da Hamas nella realtà di questi giorni. Così come l’intervento della squadra speciale israeliana all’interno della Striscia di Gaza ha modalità possibili solo in una fiction. Resta però la drammatica preveggenza di una serie che, pur con azioni spettacolarizzate e violente, prova a scavare anche nella psicologia dei protagonisti su entrambi i fronti, israeliano e palestinese (distinguendo ovviamente Hamas dal resto della popolazione di Gaza e della Cisgiordania), senza fare sconti a nessuno, dimostrando come il conflitto si autoalimenti nella testa e nel cuore delle persone con la violenza che genera altra violenza. © riproduzione riservata
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