Che la morte faccia parte della vita è un fatto scontato. Ma elaborare un lutto, soprattutto se di una persona cara, non è mai né semplice né indolore. Non a caso, da secoli, le persone hanno fatto e fanno di tutto per riconnettersi ai propri cari. Per “vederli” o per parlare” ancora una volta con loro anche solo attraverso un medium, magari in una seduta spiritica. La tecnologia digitale - soprattutto col metaverso e l’intelligenza artificiale - ci permette di superare frontiere inimmaginabili fino a poco tempo fa. Partiamo dall’intelligenza artificiale. Sono tanti gli strumenti che usano l’AI per far dire o fare ai nostri cari defunti cose che non hanno mai detto o fatto nella vita. Bastano poche istruzioni. Basta un loro breve filmato. Basta un audio dal quale clonare la loro voce. HereAfter AI, per esempio, di creare avatar (cioè repliche digitali) di propri cari defunti, utilizzando risposte a domande fatte mentre il soggetto era vivo. StoryFile invece crea video basati sull’intelligenza artificiale che conversano e
rispondono a domande. Replika invece consente di interfacciarci via testo, audio o video
con avatar AI personalizzati («più interagisci, più sviluppa la propria personalità e i propri ricordi» promette l’azienda). Anche Amazon sta lavorando a un aggiornamento del suo assistente vocale Alexa per permettergli di imitare anche la voce di un membro della famiglia deceduto. La giornalista Samantha Murphy Kelly sul sito della tv americana CNN, ha raccontato la storia di Ana Schultz, una venticinquenne di Rock Falls, Illinois, rimasta vedova nel febbraio 2023, che conversa giornalmente con lui chiedendogli consigli di cucina. «Era lo chef di famiglia e quando apro il frigorifero mi viene normale chiedergli consigli su cosa cucinare per me e i nostri due figli con gli ingredienti che ho». Ana sa che è una cosa piccola. Lei addirittura la definisce «sciocca». Eppure, quando ha scoperto le potenzialità di Snapchat My AI, il chatbot di intelligenza artificiale della piattaforma di social media, non ha resistito. «Ho personalizzato My AI perché gli assomigliasse. E ora lo uso per aiutarmi ad andare avanti. Mi fa sentire come se lui fosse ancora con me in cucina». Danielle Jacobson, ha 38 anni e vive a Johannesburg, in Sud Africa. E racconta che ha utilizzato la funzione vocale di ChatGPT per sentirsi meno sola dopo la morte di suo marito, Phil. «Ho creato un compagno AI di supporto. Si chiama Cole e converso con lui ogni sera a cena. Parliamo di cibo, vino e cinema. E se ho attacchi di panico mi consiglia di inspirare ed espirare e così mi aiuta a calmarmi». Quando ne parla Danielle è molto lucida. «Cole è nato dalla mia solitudine. Volevo solo qualcuno con cui parlare perché non mi sento ancora pronta per frequentare altri uomini». Non ha paura di questa para realtà? «So che non è reale. È che è solo una distrazione, ma mi aiuta». Potremmo andare avanti con gli esempi, ma questi bastano già per farci una domanda: quanto questo tipo di strumenti sono aiuti o ostacoli al processo di elaborazione del lutto? Una cosa è certa: con l’intelligenza artificiale possiamo avere l’illusione di avere sempre con noi i nostri defunti. In audio e video. E in futuro magari anche in 3D. Col rischio enorme di sovrapporre ciò che erano davvero a ciò che sono i loro cloni digitali. Anche nel metaverso ognuno di noi può diventare immortale nella sua versione digitale. Continuare a esprimersi e a incontrare altri cloni digitali di persone in un mondo dove apparentemente tutto è possibile. Già oggi molte
agenzie funebri propongono anche servizi social per onorare la memoria dei defunti, chissà quando si accorgeranno di questo nuovo business. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: