Le fake news, le notizie false, sono un fenomeno sempre più diffuso, grazie soprattutto ai social network. Le fake parlano alla pancia dell'opinione pubblica e il più delle volte alimentano la paura. C'è pertanto da chiedersi se le bufale in campagna elettorale portino voti. Domanda da cui è partita, mercoledì alle 23,30 su Nove, anche la prima puntata di #Fake - La fabbrica delle notizie. Titolo rigorosamente con l'hashtag davanti come vuole la materia trattata. #Fake è un programma di Valentina Petrini, che pure lo conduce, e Giuseppe Colella, scritto con Pierluigi Tiriticco, Miriam Carbone, Michelangelo Coltelli e David Puente per la regia di Lele Biscussi. Coltelli (fondatore del sito antibufale butac.it) e Puente (giornalista di Open, il giornale on line fondato da Enrico Mentana) compaiono anche in collegamento video a supporto della conduttrice. Lei li chiama «i miei due debunker» (tradotto: cacciatori di bufale o addirittura sbufalatori). «Pensate - esordisce Petrini - che oltre il 65 per cento degli italiani non riesce a distinguere una fake news». Ma non solo: in molti non crederanno alla eventuale smentita. Pertanto, un programma del genere non può che essere salutato con favore, anche se la prima puntata è apparsa molto didascalica, ma forse era necessario per avviare il tema. In ogni caso partire con Ferruccio De Bortoli ospite in studio è sempre una garanzia: assicura eleganza, pacatezza e competenza. Assieme a lui la “Iena” Mina Palmieri, che comunque non ha graffiato e si è attenuta al clima riflessivo. Intanto l'hacker Matteo Flora ha contato tre milioni di contenuti inneggianti all'odio razziale nelle conversazioni social durante le elezioni del 2018 in Italia. «E purtroppo il politico - commenta De Bortoli - per avere più voti cerca di assomigliare al peggiore dei suoi elettori: è una forma di degrado non solo della politica, ma della società nel suo complesso». #Fake collabora anche con avaaz.org, rete di pressione on line, che ha indagato sulle false notizie e fatto chiudere 24 pagine Facebook con quasi 4 milioni di followers. Il che vuol dire che c'è ancora molto bisogno di quella che una volta si chiamava verifica dei fatti e oggi si dice fact checking.
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