Emozioni davanti a una cresima: leoni, elefanti e giovani increduli
venerdì 27 maggio 2016
Oltre agli onniscienti robot, ci sono anche alcune componenti umane che mi assistono in questi periodici resoconti dalla Rete dell'informazione ecclesiale. Ad esempio accostare, per associazione di idee, due post distanti per fonte, taglio, stile (e qui scimmiotto gli algoritmi che, appresi i nostri gusti sulla base di ciò che scarichiamo, ce ne propongono di simili, sperando di venderci qualcosa). Ma anche emozionarmi (e quello gli algoritmi faticano a scimmiottarlo) per qualcosa che leggo, e per questo desiderare di condividerlo.Ieri mi è capitato nel leggere l'augurio che padre Gheddo ha inviato a una cresimanda, e che ha poi condiviso sul suo blog ( http://tinyurl.com/zlcssl3 ). Alla bambina (figlia di cari amici, si capisce), il famoso missionario giornalista spiega il sacramento che sta per ricevere come potrebbe farlo ogni buon vescovo durante l'omelia, e le augura «di diventare una buona donna». Ho poi accostato questo post ai dati dell'inchiesta sulla religiosità dei giovani realizzata dall'Istituto Toniolo e commentata qui su Avvenire con due successivi articoli da Paola Bignardi ( http://tinyurl.com/hxtcrzs ), carichi di ascolto verso i ragazzi e di severità nell'analizzare come le nostre comunità perdono i contatti con i ventenni.Mi è capitato spesso di commuovermi, alle cresime, pensando che «l'educazione alla fede avviene in un'età in cui le grandi domande della vita» (e le grandi prove, aggiungo io) in genere non sono ancora arrivate; e che il rischio è che arrivino quando già «i percorsi esistenziali proseguono nella solitudine». Così giro ai giovani increduli e soli la benedizione che padre Gheddo ricevette in tempi lontani da un imam in Somalia e che riprende, con impareggiabile libertà di spirito, a conclusione dei suoi auguri: «Nessun leone ti attraversi la strada, nessun elefante ti faccia paura, nessun serpente ti morsicherà e nessun uomo alzerà su di te la sua mano». Che ci credano o no...
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