III domenica di Pasqua
Anno A
(...) Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?».
Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Il Vangelo di Emmaus si snoda, come una grande liturgia, in tre momenti: la liturgia della strada , della parola e del pane.
La liturgia della strada. Emmaus dista da Gerusalemme due ore di cammino, due ore trascorse a parlare di quel sogno in cui avevano tanto sperato, un sogno naufragato nel sangue. Camminano, benedetti dal salmo 84 dice: beato l'uomo che ha sentieri nel cuore. Che ha il coraggio di mettersi in cammino. Anche la fede è un perpetuo camminare, perché Dio stesso è una vetta mai conquistata, e l'infinito ci attende all'angolo di ogni strada.
Pasqua è voce del verbo pèsach, passare. Fa pasqua chi fabbrica passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, chi apre brecce, chi inventa strade che ci portino gli uni verso gli altri e insieme verso Dio.
Ed ecco Gesù si avvicinò e camminava con loro. Un Dio sparpagliato per tutte le strade, un Dio vestito di umanità (Turoldo), un Dio delle strade, continuamente in cerca di noi.
La liturgia della parola. Spiegava loro le scritture, mostrando che il Cristo doveva patire: la sublime follia della Croce è la parola definitiva che ogni cristiano deve custodire, trasmettere, scrutare, capire, pregare.
Gesù fa comprendere che la Croce non è un incidente ma la pienezza dell'amore, che cambia la comprensione di Dio e della vita.
I due camminatori scoprono una verità immensa. C'è la mano di Dio posata là dove sembra impossibile, proprio là dove sembrava assurdo: sulla croce. Così nascosta da sembrare assente, mentre invece sta tessendo il filo d'oro della tela del mondo. Non dimentichiamolo: più la mano di Dio è nascosta più è potente.
La liturgia del pane. Resta con noi, perché si fa sera. Ed egli rimase con loro. Da allora Cristo entra sempre, se soltanto lo desidero. Rimane con me e mi trasforma, cambiandomi tre cose, il cuore, gli occhi, il cammino. La Parola ha acceso il cuore, il pane apre gli occhi dei discepoli: Lo riconobbero allo spezzare del pane. Il segno di riconoscimento di Gesù è il suo Corpo spezzato, vita consegnata per nutrire la vita. La vita di Gesù è stata un continuo appassionato consegnarsi. Fino alla croce.
Infine la parola e il pane cambiano il cammino, la direzione, il senso: Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme.
Ma il primo miracolo è stato un altro: non ci bruciava forse il cuore mentre per via ci spiegava il senso delle Scritture e della vita? Efrem Siro presta a Gesù queste parole: chi mangia me, mangia il fuoco! Ricevere Cristo è essere abitati da un calore, da una fiamma, dal dono intermittente, forse, ma favoloso, del cuore acceso.
(Letture: Atti 2, 14.22-33; Salmo 15; 1 Pietro 1, 17-21; Luca 24, 13-35)
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