È un figlio o un nulla? Le mie domande a quei ragazzi della Statale
lunedì 2 dicembre 2024

Il 27 novembre all’Università Statale di Milano, sede di Città Studi, era in programma un convegno, “Accogliere la vita”, organizzato da Lista Obiettivo Studenti, vicina a Comunione e Liberazione. Il convegno non c’è stato. Una ventina di studenti di diverse sigle di sinistra ha fatto irruzione in aula: urla, cori, “ciellino aborto mancato”. Il leader della protesta, agitatissimo, si sfiatava con particolare veemenza davanti alla platea di studenti silenziosa, che non ha risposto a insulti e bestemmie.

Guardo il video di quella mattina con stupore: sembra una scena di oltre quarant’anni fa, dei tempi del referendum sull’aborto. Tutto è cambiato nel mondo in questi anni, tranne l’avversione a chi osi riparlare criticamente di aborto. Potrei capire un’obiezione pacata, ma questo show anni ’70 mi è strano. Perché è così invasato quel ragazzo in giacca a vento nera, fino a gridare: “Porca M. è il grido di battaglia”?

Vorrei pacatamente suggerirgli, da ex ragazza anni ’70 che quelle battaglie le ha viste con i suoi occhi, due domande. Le giovani donne che, ammaestrate da Emma Bonino, gridavano per Milano e Roma “l’utero è mio e lo gestisco io” hanno oggi circa settant’anni. Mi domando come quelle di loro che, dentro all’ideologia imperante, abortirono, ripensano adesso a quel giorno. Fu una prova di libertà ed emancipazione? E quelle che, poi, negli anni, madri lo sono diventate, non hanno avuto, con un figlio in braccio, la visita di un pensiero tagliente: “Quello” era uguale a questo mio bambino? Un pensiero che apre una ferita: non se ne parla apertamente. Certo dolore è indicibile.

L’altra domanda che farei a quel ragazzo è: tu e i tuoi amici, fra qualche anno, forse avrete dei figli. Vi mostreranno, negli schermi dell’ecografia, il formarsi del bambino nel ventre della vostra donna, e già a tre mesi avrà mani e occhi. Già avrà forma di uomo. E come tutti i neogenitori starete zitti, emozionati a guardare un figlio che misteriosamente guidato, senza alcun intervento vostro, si forma. Quando lo vorrete sarà un figlio, vostro figlio; quegli altri, i non voluti, invece erano un nulla. Milioni di nulla. Non sentirete almeno il bussare di una contraddizione?

Ma intanto altri ragazzi avranno ereditato, sempre dalla medesima inossidabile scuola di pensiero, la stessa rabbia verso chi contesti che l’aborto sia un diritto. È una ostilità tenace che si tramanda, quella alla vita nascente, nel nome della autodeterminazione della donna. Quasi un dogma laico della modernità.

Ma se andaste a chiedere, ragazzi, alle giovani donne degli anni ’70, se sono in pace con quel loro diritto praticato, non so quante direbbero di sì. Era un niente quel principio di vita, eppure quale rimpianto è diventato. Non lo dicono. Sarebbe doloroso, oltre che “politicamente scorretto”. Così nessuna, di milioni di donne che hanno abortito, osa dire quanto quel “non figlio” non avuto le ha costantemente accompagnate. E nessuno dei maestri di pensiero dell’ormai storico mantra “l’utero è mio”, magari diventato genitore e poi nonno, osa dire pubblicamente il timido dubbio che gli si affaccia davanti all’ecografia di un nascituro nipote. Come un sussulto: non abbiamo visto la realtà - non abbiamo capito.

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