Escono contemporaneamente nella Piccola Biblioteca Adelphi due libri molto intriganti, di due scrittori che amo da sempre. Il primo è di Jorge Luis Borges: quattro conferenze su Il tango (a cura di Martin Hadis e con le utili riflessioni di Tommaso Scarano) che documentano l'interesse del grande scrittore ed erudito sommamente curioso anche per la cultura popolare argentina, quella dei gauchos e dei compadritos, della pampa e dei quartieri popolari, anche malavitosi, di Buenos Aires. Sono stato in gioventù un discreto ballerino (anche di tango, ma nella versione non “figurata”, quella italiana del ballo liscio che ho poi scoperto, proprio a Buenos Aires, quella più abituale anche per gli argentini) e ho letto avidamente queste conferenze, che mi hanno confermato nelle cose che sapevo o intuivo, e nell'amore per Borges e per la cultura argentina sia “alta” che “bassa”. L'altro libro è la riproposta di Souvenirs di Alberto Savinio (prima edizione a Roma 1945, ripresa anni fa da Sellerio – perché Sciascia era un assoluto ammiratore di Savinio – e ora da Adelphi che ha riproposto magnificamente quasi tutto Savinio). Sono ricordi francesi, anzi parigini, e dunque “souvenirs”, degli anni dal '23 al '45, di una vivacità, precisione, capacità di evocare e discutere ammirevoli; sono ricordi “caldi” di un mondo amato e conosciuto, e non solo quello deglib artisti. Il caso (che è sempre “oggettivo”, dicevano i surrealisti...) ha voluto che questi due libri uscissero contemporaneamente sollecita un paragone, non tanto tra le due opere quanto tra i due autori, perché c'è stato chi ha detto di Savinio che era “il Borges italiano”. Ebbene, con tutto l'amore per il grande Borges, confesso la mia predilezione per Savinio, che considero scrittore superiore (anche dimenticando che fu grande pittore e musicista, e che ha scritto due o tre opere teatrali bellissime, secondo la sua teoria del “teatro colorato”). Forse perché l'ho letto prima di Borges: la giovane proprietaria della piccola e unica libreria del mio paese, commossa dalle mie curiosità di adolescente, mi vendeva a prezzi infimi i libri che nessuno voleva. e fu così che lessi a sedici anni Casa "La Vita" e Narrate, uomini la vostra storia. Enciclopedici e però saggi, tante cose hanno in comune Borges e Savinio, ma Savinio ha delle qualità che mi sembrano manchino quasi del tutto in Borges: una straordinaria ironia, mai sarcastica e cattiva, e diciamo pure una carica di umanità assente nel monumentale, nel grandioso Borges. (Anche Savinio aveva, come Borges, la passione se non del ballo della canzone, e questi souvenirs lo dimostrano ampiamente. Insomma: viva entrambi e grazie a entrambi per la loro attenzione al "basso" della cultura popolare e non solo all'"alto" di quella classica o di quella, per così dire, borghese. Parlando di gialli, Savinio scrive che «il motto del borghese», e intende del lettore borghese ma oggi si può dire della massa dei lettori e non solo di gialli, «è godere seduto».)
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: