Erano gli ultimi mesi di mia madre, novantenne, caduta nella demenza. L'andavo a trovare appena potevo, mi sedevo accanto a lei e soffrivo: perché non mi veniva in mente nulla da dire. Dei nostri tre bambini lei era ormai dimentica, riconosceva appena me. Molto dolore e male erano passati, fra noi due. Il muro bianco della stanza mi opprimeva, ed era inchiodato il tempo sulle lancette dell'orologio, immobili.
Ma, un giorno, l'ho trovata accanto a una compagna altrettanto anziana, però loquace e sorridente. Meravigliata, mi sono seduta ad ascoltare. La donna raccontava d'essere stata, durante la guerra, un gran generale, e di avere combattuto in Africa, e di quel giorno che il rancio era pieno di sabbia…Insomma una demenza gioconda governava la piccola signora. Ma, un istante, ed ecco mia madre, ascoltando quella fiaba, rideva: rideva, come una bambina. Mio Dio, da quanti anni non ti vedevo ridere, mi sono detta.
Che la demenza senile, mi sono chiesta, non possa a volte essere una grazia? Per chi ha molto sofferto, oppure molto sbagliato, che sia in verità misericordia quel velo di nebbia che confonde il tempo e i ricordi? Come la pietà di una madre che a sera, a un bambino, non elenca le piccole colpe compiute: ma lo culla, perché si addormenti.
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