È bello non insultare mai neppure con la tastiera
domenica 17 giugno 2018
Il Vangelo della Messa di giovedì 14 giugno ha dato occasione a papa Francesco, nella sua quotidiana omelia a Santa Marta, di spiegare perché Gesù, a partire dal quinto comandamento, parli così duramente dell'insulto: «È l'inizio dell'uccidere, è uno squalificare l'altro, togliere il diritto di essere rispettabile, è metterlo da parte, è ucciderlo dalla società». Leggendone il resoconto qui su “Avvenire” ( tinyurl.com/yc6zrpha ) mi è subito venuto in mente che questa omelia potesse valere come l'ennesimo monito contro gli haters che, anche tra cristiani, avvelenano le relazioni digitali (superfluo ricordare gli esempi di cui gli ultimi giorni sono stati particolarmente prodighi). La stessa associazione è stata fatta, su Tv2000, dal “Diario di papa Francesco”, giacché Gennaro Ferrara quel giorno ospitava Fabio Colagrande a proposito di come il Papa «è visto sui social» ( tinyurl.com/y7mleorw ) e, commentando questa omelia, non poteva mancare la domanda sulla «grancassa dell'insulto» che risuona online. Tuttavia, quando ha attualizzato gli insulti esemplificati da Gesù, Francesco non ha preso gli esempi dall'ambiente digitale, ma da quello stradale, ricordando come l'ora di punta alla guida dell'auto diventa spesso «un carnevale degli insulti». Ci si può chiedere se questa scelta rifletta la sua esperienza personale (certo non riferita all'attuale vita romana: come immaginare l'autista del Papa che, al volante della Ford Focus, lancia improperi mentre trasporta il Santo Padre?). Oppure se, per questa volta, Francesco abbia semplicemente preferito non reiterare giudizi sul lato meno apprezzabile di internet già ripetutamente espressi. In ogni caso in Rete, più che nel traffico cittadino, sembrerebbe più facile il passaggio, raccomandato da Francesco, «dall'insulto alla riconciliazione». Ma quanti siamo davvero convinti che «è bello non insultare mai»?
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