giovedì 10 aprile 2003
Chi pensa di saper tutto si perde?" La fine è un inizio invisibile?" Si cerca la fine per trovare l'inizio?" È davvero solo chi ha soltanto se stesso?" Il buio è l'anima della luce?" Esisteranno idee senza dubbi?" Troverò mai un desiderio infinito?" Esistono domande senza destino?" Vive e lavora nel mio stesso paese brianzolo, Osnago (Lecco): dipinge, fa il liutaio, suona il violino, scrive poesie e aforismi e gestisce una sorprendente casa editrice, le "Edizioni Pulcinoelefante", che ha pubblicato migliaia di raffinatissimi e fantasiosi libretti in poche copie, attirando l'attenzione di molti uomini di cultura. Il suo nome, vagamente anglicizzato, è fieramente lombardo, Alberto Casiraghy. Tempo fa mi ha inviato una raccolta di 65 domande, intitolata Dove volano gli occhi (ed. La Vita Felice). Ne ho estratto un piccolo florilegio perché serpeggino nella mente e nel cuore dei miei lettori. Proprio perché li affido alla meditazione personale, non commenterò questi interrogativi. Mi fermerò, invece, sull'importanza della domanda. Oscar Wilde affermava che «tutti sono capaci di dare le risposte ma per fare le vere domande ci vuole un genio. L'interrogazione è, infatti, la radice della ricerca, lo stimolo per l'inquietudine che risveglia la coscienza assonnata, è la crisi del luogo comune e dell'ovvietà (non per nulla temiamo le domande imbarazzanti dei bambini). Lo stesso antico esame di coscienza era modulato su una serie di interrogativi. Ed è già nella domanda che spesso s'annida il seme della risposta e della verità. Annotava Kafka nei suoi Diari: «Le domande che non si rispondono da sé nel nascere non avranno mai risposta».
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