Un post nella sezione "Pensieri" del sito ufficiale di Chiara Corbella Petrillo ( bit.ly/2CSBL0H ) rimbalza sulla parallela pagina Facebook e si guadagna 1.400 like, 297 condivisioni e 72 commenti, tutti empatici. Dietro alle parole miti ma ferme del marito, Enrico Petrillo, sta il problema serio della fama di santità al tempo della Rete. Cioè di come, complice il digitale, fenomeni che un tempo richiedevano decenni, e la paziente verifica a posteriori dei postulatori, si riproducono oggi in tempi strettissimi e sotto il controllo dei testimoni diretti. Egli così può disapprovare l'utilizzo, magari in buona fede ma senza il suo consenso, di quella che profanamente definiremmo l'«immagine» della giovane donna di cui si è avviata da un anno la causa di beatificazione.
Cioè della «storia di Chiara fraintesa, male interpretata, usata, raccontata in libri, musical, film, documentari, fumetti o altre forme», e poi delle «foto» di famiglia, e altrove, nel sito, delle parole «che Chiara non ha mai detto». Percepisce, molto lucidamente, che la moglie è un «personaggio pubblico», e tuttavia non si colloca sul piano dei «diritti». Fonda la sua richiesta di controllo soprattutto sui riflessi che tale immagine, se abusata, riverbera, inevitabilmente, su di lui e sul figlio Francesco, che personaggi pubblici non sono e non vogliono essere.
Parte dal suo «dolore»: pone una questione morale, non legale, quando spiega che il figlio «"crescerà e avrà tante domande che avranno bisogno di sante risposte», e che egli stesso, se vede la foto della «moglie che ha appena partorito e abbraccia Davide Giovanni che è appena morto», non pensa, come noi, a «una donna che abbraccia un bimbo», ma rivive «una gioia e un dolore che molti non hanno sperimentato». Chiude dunque con la richiesta di «fidarsi» che le cose di Chiara messe a disposizione dai familiari sono quelle «necessarie», e dunque di accogliere il dono che ci è stato fatto così come ci è stato fatto, meravigliandoci insieme a lui «per quest'opera che si sta ancora compiendo». Io mi fido.
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