Il collegio, la caserma e ora il convento. Il format è sempre lo stesso. Giovani senza regole alle prese con le regole e le istituzioni. Ma se i precedenti docu-reality di Rai 2 Il collegio e La caserma avevano una forte componente recitativa da parte di professori e addestratori, l'ultimo arrivato, Ti spedisco in convento (da venerdì sulla piattaforma di Discovery+), sembra averne molto meno, soprattutto per quanto riguarda le cinque suore protagoniste che dividono la scena con altrettante ragazze dai 19 ai 23 anni tutto sesso, alcol, cellulari e social, convinte che le regole sono fatte per essere infrante e che l'importante nella vita sono i soldi, il lusso, lo sballo e il divertimento. Già il fatto che le suore siano vere, appartengono alle Oblate del Bambino Gesù, e non mezzi attori come negli altri casi, è già un passo avanti. Per di più, a conferma che la cosa è stata presa sul serio, nel programma è coinvolta anche la Madre generale della Congregazione. Lo scopo è quello di riportare sulla retta via le cinque ragazze dal presente inquieto e dal futuro incerto, che approdano in convento a loro insaputa (sapevano di partecipare a un reality incline ai loro standard di vita). Comprensibile pertanto la reazione delle giovani, che sicuramente non hanno ceduto alla voglia di andarsene perché costrette dalla produzione a rimanere. Ma a parte questo deterrente, quello che colpisce è la fragilità e, in alcuni casi, il vuoto interiore delle ragazze. Di contro colpisce la serenità delle suore e il loro atteggiamento sempre amorevole (magari grazie anche a qualche taglio in fase di montaggio). Non sappiamo come andrà a finire (Discovery+ ha messo in rete le prime due delle quattro puntate previste), ma sicuramente nel confronto tra stili di viti incompatibili le oblate usciranno televisivamente vincenti e le ragazze, che con molta probabilità torneranno quelle di prima, conserveranno un buon ricordo di questa convivenza, sia pure a fini di spettacolo, e forse qualcuna di loro si chiederà davvero cosa conta nella vita.
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