Keystone/ Associated Press/ Vadim Ghirda, recita il copyright di una foto sul web di un anno fa. Tu hai forse otto anni, la tua faccia dietro al finestrino di un bus, appannato dal vapore, è bellissima. I capelli scuri, ben pettinati l’altro ieri dalla mamma, già dopo due giorni di abbandono ti sfuggono sulla fronte. Che occhi: scuri, seri, occhi in un giorno diventati da adulta. Chi ti volti a guardare, mentre il pullman si muove? Tuo padre, tuo fratello?
Ti stanno portando via dall’Ucraina, chissà per dove. Vi hanno preso in tanti all’alba, assonnati, in un rifugio: soltanto bambini. Tu non ti alzavi da terra, un soldato russo con il mitra a tracollo ti ha fatto cenno: ubbidisci. La faccia di tua madre, che ha cercato di fermarti. L’urlo del soldato con il mitra levato. Tua madre ha dovuto lasciarti andare.
Tu non hai ancora capito bene. Sul pullman vi ordinano in russo di stare buoni. Allora, siccome comunque hai 8 anni, per passare il tempo hai disegnato un girotondo di omini con le dita, sul finestrino appannato. Ma parte il pullman, alzando una polvere di macerie.
È passato adesso quasi un anno, da quando ti hanno rubato. Dove sei? Dov’è tua madre? La finestra della casa dei tuoi “genitori” russi dà su una strada solitaria. Tu stai ore affacciata al davanzale, ma non arriva nessuno.
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